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Una partera, una donna che assiste le madri durante il parto, monte Chimborazo, Ande ecuadoriane, 2002. (Danilo De Marco)
A sinistra: Arundhati Roy, scrittrice, attivista politica, New Delhi, 2004. A destra: John Berger scrittore, critico d’arte, pittore, Quincy, Francia, 2012. (Danilo De Marco)
A sinistra: Night commuters (pendolari della notte), Gulu, Uganda, 2004. A destra: Carlo Ginzburg, storico, Pordenone, 2008. (Danilo De Marco)
I fiori di fango, Pernambuco, Brasile, 1998. (Danilo De Marco)
A sinistra: Ahame Idiri. A destra Vagelio Skevofilaka Rammou ‘Amazzone’, partigiana greca, Atene, 2010. (Danilo De Marco)
A sinistra Maurice Nadeau, scrittore, critico letterario, editore, direttore di riviste, Parigi, 1998. A destra: in attesa della prossima inondazione, Narmada valley, Madhya Pradesh, India, 2004. (Danilo De Marco)
Peter Handke, scrittore, drammaturgo, regista, sceneggiatore, Parigi, 2008. (Danilo De Marco)
A sinistra: Verso il mercato di Benito Juarez Huasteca, Messico, 1997. A destra: Enrique Vila-Matas scrittore, saggista, Barcellona, 2008. (Danilo De Marco)
A sinistra: Maria Ramona Vimos, partera (una donna che assiste le madri durante il parto), Ecuador, 2002. A destra: Erri De Luca, scrittore, Roma, 2000. (Danilo De Marco)
A sinistra: un’indigena dell’organizzazione campesina Emiliano Zapata a Venustiano Carranza, nello stato messicano del Chiapas, 1995. A destra: Libera il pensiero, monastero di Yojie, Gansu, Cina, 1993. (Danilo De Marco)

Gli occhi di Danilo De Marco 

Jacques Derrida, Peter Handke, Claudio Magris, Christian Javier Marias, Carlo Ginzburg. E poi anarchici, partigiani, donne e uomini che vivono nelle periferie di tutto il mondo. Sono alcuni dei protagonisti delle immagini scattate negli anni da Danilo De Marco e che saranno esposte nella retrospettiva Defigurazione alla galleria Bertoia di Pordenone dal 3 marzo.

La mostra è accompagnata dal volume I tuoi occhi per vedermi (Forum editore) dove i volti che De Marco ha ritratto sembrano dialogare tra loro, in un gioco di rimandi delle espressioni e dei gesti. Come quello tra un bambino ugandese e Carlo Ginzburg o quello di un’indigena messicana ed Enrique Vila-Matas.

“I ritratti di De Marco hanno un filo comune”, scrive Giovanni Zanolin, presidente della fondazione omonima che organizza la mostra con il comune e la regione del Friuli Venezia Giulia. “Vanno oltre il ritratto ‘di figura’ per giungere a una fotografia che è strumento di introspezione, comprensione, interpretazione profonda della persona e del significato del suo percorso di vita”.

Nel saggio che accompagna il volume, Arturo Carlo Quintavalle scrive: “Se osservate bene, queste figure sono invitate, forse, o liberamente stimolate, perché giochino con la loro stessa immagine, perché respingano la composizione tradizionale del ritratto per proporre altro”.

La mostra, composta da 150 ritratti, sarà visitabile fino al 27 maggio.

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