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Una manifestazione repubblicana in Beechmount avenue, Belfast, 1988. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Parata repubblicana a Falls road, Belfast, 1991. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Nel centro di Belfast, 1981. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Vicino a Springfield road, Belfast, 1982. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Falò nel distretto di Ardoyne, Belfast, 1991. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Manifestazione a Falls road per gli accordi di pace, Belfast, 1994. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Bombay street, Belfast, 1982. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
L’esercito britannico partecipa a un funerale nel cimitero di Milltown, Belfast, 1988. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Funerale di un soldato dell’Esercito irlandese di liberazione nazionale, Armagh, 1983. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)
Shankill road, Belfast, 1981. (Gilles Favier, Per gentile concessione della galleria Clementine de la Feronnière)

Nella città divisa di Gilles Favier

Siamo nel 1981 e il giovane fotografo Gilles Favier legge nella rivista Reporter-Objectif una serie di consigli pratici su come diventare corrispondente di guerra. Secondo l’articolo, il conflitto più accessibile per un apprendista è quello in Irlanda del Nord: tanto basta a Favier per partire.

Comincia così una storia lunga quarant’anni tra il fotografo e Belfast, nell’anno in cui muore l’attivista repubblicano Bobby Sands e in un decennio dove lo scontro fra protestanti e cattolici non trova ancora una strada pacifica. Nelle sue immagini Favier lascia spazio all’architettura di una città divisa, costruita sui muri che celebrano martiri, pugili e santi, e sulle strade, a volte desolate e altre popolate dai funerali e dalle parate militari.

Nonostante abbia seguito anche altri argomenti come collaboratore del quotidiano Libération e nell’agenzia fotografica Vu, Favier ha continuato a documentare Belfast fino alla più recente Brexit, attraverso gli anni novanta e la pacificazione. Come afferma Christian Caujolle, conosciuto a Libération, “è il suo grande difetto, non riesce a mollare le sue storie”.

La galleria parigina Clementine de la Feronnière celebra la Belfast di Favier con una mostra, aperta fino al 13 luglio 2018, e un libro.

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