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An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)
An attic full of trains. (Alberto di Lenardo, Per gentile concessione degli eredi dell'artista e di Mack)

Nella soffitta di Alberto di Lenardo

All’ultimo piano della casa dei nonni di Carlotta di Lenardo c’era una stanza con una libreria. All’interno della stanza c’era una porta, nascosta tra gli scaffali, che conduceva a una soffitta usata per ospitare un treno enorme, un plastico a cui suo nonno si è dedicato per anni.

Il treno del nonno era un luogo di meraviglie per Carlotta e suo fratello. Alberto di Lenardo aveva però un’altra grande passione: la fotografia. Quando la nipote aveva 16 anni le mostrò per la prima volta il suo archivio, enorme come quel treno. Erano più di ottomila fotografie, scattate a colori in ogni momento della sua vita.

Queste foto sono rimaste sconosciute finché Carlotta non ha deciso di fare ordine e scegliere quelle che sarebbero finite nel libro An attic full of trains, pubblicato ora da Mack. Una selezione più ampia si trova sull’account Instagram grandpa_journey.

Senza saperlo, Alberto di Lenardo (1930-2018) ci ha lasciato un lungo racconto sulla vita borghese italiana del ventesimo secolo tra viaggi, incontri con amici e amanti. L’ha fatto come un osservatore appassionato che preferiva la spontaneità e i punti di vista insoliti.

“Ripensandoci a posteriori” scrive Carlotta, “il suo amore per la modellistica era assolutamente in sintonia con il suo amore per la fotografia. I diorami di un plastico ferroviario non sono che il tentativo di fermare un momento, cristallizzarlo e fissarlo perennemente in un immutabile ricordo, proprio come una bellissima fotografia”.

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