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Balsorano, Abruzzo, luglio 2011. (Francesca Cao)
Sant’Angelo a Scala, Irpinia, settembre 2010. Fotografie sul comodino di Ernestina. (Francesca Cao)
Messina, ottobre 2011. Lucia Petropaolo abitava nella baraccopoli di Fondo Fucile. (Francesca Cao)
Poggioreale, valle del Belice, aprile 2012. (Francesca Cao)
Onna, frazione dell’Aquila, febbraio 2013. (Francesca Cao)
Partanna, Valle del Belice, settembre 2011. Alcune vittime del terremoto del 1968 vivono in un ospedale abbandonato. (Francesca Cao)
Paganica, L’Aquila, febbraio 2013. (Francesca Cao)
Giove di Valtopina, Umbria, novembre 2009. Maria Menichelli nella casa temporanea in cui vive, che è stata costruita dopo il terremoto del 1997. (Francesca Cao)
Poggioreale, valle del Belice, aprile 2013. (Francesca Cao)
Balsorano, Abruzzo, luglio 2011. Lavori di ristrutturazione delle case temporanee costruite dopo il terremoto del 1917. (Francesca Cao)

Vite in sospeso

Dal 2009 al 2013 la fotografa Francesca Cao ha viaggiato in Italia per documentare le tracce lasciate nei luoghi colpiti dai terremoti, dall’Aquila all’Irpinia, dalla valle del Belice all’Umbria, raccontando le storie delle persone che ci abitano.

In Irpinia ha conosciuto Ernestina, una donna che dopo il sisma che nel 1980 uccise 2.914 persone e ne lasciò almeno 280mila senza casa vive in un’abitazione temporanea costruita tra l’altro anche con l’amianto. A Poggioreale, nella valle del Belice, ha fotografato i vecchi borghi abbandonati nel 1968 e mai ricostruiti.

Nei suoi viaggi Cao si è soffermata molto sulle storie di chi continua a vivere in situazioni temporanee, a volte da decenni: “Il terremoto del 1997 nel piccolo comune di Giove di Valtopina, in Umbria, non fece vittime, ma quando ci sono stata, nel 2012, su molti edifici non erano stati ancora fatti i lavori di consolidamento. E c’erano quattro famiglie che continuavano a vivere nei container”.

Poi è stata a Fondo Fucile, a Messina, dove in seguito al terremoto del 1908 furono tirati su degli alloggi di fortuna. Negli anni si sono trasformati in una baraccopoli e oggi in quella zona ci sono più di duemila costruzioni abusive. All’Aquila ha invece fotografato le strutture abitative nate in seguito alle emergenze, i paesaggi e la quotidianità.

Oltre alle immagini dei luoghi e delle persone, Cao ha cercato prove e ricordi di quel passato: “Un bagaglio per un viaggio mai compiuto, delle foto in bianco e nero, lettere consumate dal tempo e scarpe usate. Oggetti che simboleggiano la vita temporanea, rimasta in sospeso, delle persone che li possedevano e che aspettano un futuro migliore”.

Il lavoro di Francesca Cao, intitolato Temporary life, è diventato un libro, curato da DER*LAB e pubblicato da Postcart.

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