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Una famiglia alla finestra, 10 aprile 2020 Bari. La foto è esposta nel comune di Bagolino. (Christian Mantuano, a cura di Simone Cargnoni)
Primavera 2020, Impruneta, (Firenze). Un’opera realizzata con potature dʼolivo dallʼartista Moradi Il Sedicente. La foto è esposta nel comune di Trento. (Ilaria Di Biagio, a cura di Simone Cargnoni)
Una giovane madre tiene in braccio il figlio nel reparto prenatale dellʼospedale SantʼOrsola di Bologna, 22 aprile 2020. La foto è esposta nel comune di Treviso Bresciano. (Max Cavallari, a cura di Simone Cargnoni)
A sinistra: per i senzatetto è impossibile “restare a casa”. Roma, 13 marzo 2020. (Alessandro Serranò). A destra: Ekhlad e suo figlio in casa, Bitonto (Bari), 30 marzo 2020. È scappata con la sua famiglia dall’Iraq partendo dalla Grecia, poi percorrendo la rotta balcanica, la Norvegia e infine è arrivata in Italia. La foto sono esposte a Bologna. (Savino Carbone, a cura di Michele Lapini e Max Cavallari)
Casa di riposo per aziani San Giuseppe di Piacenza, 14 aprile 2020 Piacenza. La foto è esposta nel comune di Manziana. (Giorgio Salimeni, Cesura, a cura di Sara Nicomedi)
In Valle Sabbia, (Brescia), i volontari delle ambulanze intervengono in piccole frazioni dove le case non sono facilmente raggiungibili. La foto è esposta a Roma. (Simone Cargnoni | JUMP CUT, a cura di Valerio Muscella, Federico Perruolo e Sara Nicomedi)
Riuscirà il teatro a sopravvivere alla pandemia? Le condizioni precarie degli operatori dello spettacolo oggi sono disastrose. Napoli, novembre 2020. La foto è esposta a Firenze. (Alessandro Cinque, a cura di Ilaria Di Biagio e Giancarlo Barzagli)

Anticorpi fotografici

Durante l’anno più difficile delle nostre vite il rapporto con l’esterno è cambiato radicalmente. Abbiamo avuto nostalgia di città e paesi, di prati e spiagge, di montagne e laghi. E allo stesso tempo le abbiamo riscoperte. Riprendere in mano la quotidianità significa riprendere possesso di ciò che per molti mesi è stato precluso da un virus capace di condannare lo spazio pubblico a spazio del contagio e della malattia.

Il gruppo di fotografe e fotografi che hanno costruito il progetto Arcipelago-19, dopo avere raccontato per un anno la pandemia in Italia, sceglie di uscire dai social network e dalla sfera digitale per comparire nelle strade, affinché le immagini ci possano accompagnare nel ritrovare il nostro posto fuori dalle case e dagli ospedali.

Contemporaneamente in quattordici città italiane sono state affisse in grande formato le fotografie tratte dal lavoro collettivo Atlante della pandemia, invadendo piazze, strade, bacheche, luoghi pubblici.

Dalla fotografia come documento a esperienza di sguardo partecipato, le nostre vite fotografate evadono finalmente per riprendersi lo spazio aperto e per cercare lentamente di tornare a una nuova normalità.

Maysa Moroni

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