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Antico ma non troppo

François Couperin, Les nations (Naxos)

All’interno della vasta produzione strumentale di François Couperin spicca il vasto ciclo Les nations, portato a termine nel 1726 dopo una gestazione durata molti anni. Si tratta di una serie di trio sonate in stile italiano, ognuna delle quali seguita da una suite in stile francese. Chiaro dunque il tentativo di Couperin, innamorato degli stili di Corelli e Lully, di operare una sintesi tra questi linguaggi diversi attraverso una serie di movimenti brevi che però insieme formano quattro cicli (La française, L’espagnole, L’impériale e La piémontaise) di più di 40 minuti l’uno. Una tavolozza ampia su cui Couperin dipinge con colori squisiti, come sua abitudine.

Di rara perfezione gli equilibri formali e melodici dei pezzi, che non indicano una strumentazione definita e vanno reinterpretati a ogni esecuzione. Inesauribile la fantasia di Couperin nell’inventare combinazioni ritmiche che sottolineano bene il carattere di danza che questa musica porta nel dna, alternandoli con grandi intuizioni melodiche. Gli straordinari musicisti dell’ensemble Julliard Baroque, capitanati dalla violinista Monica Huggett, ne danno un’interpretazione deliziosa, fresca e ricca di entusiasmo, che fa volare via l’ora e tre quarti di ascolto musicale senza alcuna fatica. Una vero gioiello da non lasciarsi sfuggire.


Jean-Philippe Rameau, Pièces de clavecin, completi (Hyperion)

I quaderni dei pièces de clavecin di Rameau sono uno dei vertici all’interno della musica barocca francese (e non solo). La loro complessa scrittura contrappuntistica e polifonica richiede interpreti di prim’ordine per essere realizzata adeguatamente, superando gli ostacoli di carattere tecnico ed espressivo disseminati copiosamente in queste pagine. Il clavicembalista Mahan Esfahani ce ne regala una splendida interpretazione, da considerare fin da ora tra le migliori in assoluto di questo repertorio. Tecnica scintillante, grandissima libertà e fantasia nel fraseggio, e soprattutto musicalità straripante sono gli ingredienti con cui Esfahani restituisce la bellezza abbagliante della musica di Rameau.

Il clavicembalista iraniano non ha paura di trovare soluzioni inedite di tempo e articolazione, discostantosi molto dalla linea di musicisti come Gustav Leonhardt e Christophe Rousset per osservare queste pagine con occhio assolutamente moderno (non a caso Esfahani è anche un grandissimo interprete di autori contemporanei come Steve Reich, Kalija Saariaho e György Ligeti) scrostando parecchia polvere dalla tradizione interpretativa di questi capolavori. I risultati spesso dividono la critica e gli “specialisti”, ma a parer mio sono assolutamente brillanti.


Franz Joseph Haydn, Concerti per violoncello e orchestra (Decca)

Enrico Dindo è uno dei più grandi violoncellisti del mondo, e finalmente la Decca pubblica le sue memorabili interpretazioni dei due concerti di Haydn, pagine sempre temibili per la loro enorme difficoltà tecnica, ma ancor più ardue da rendere dal punto di vista musicale. Dindo e la sua eccellente orchestra I solisti di Pavia non hanno alcun problema in questo senso: il loro leader è in grado di sostenere tempi di velocità supersonica lanciando fuochi d’artificio tecnici senza rinunciare mai alla bellezza del suono, e nei movimenti lenti la cantabilità di Dindo si dispiega in tutta la sua nobiltà d’animo.

Lo stile interpretativo tiene giustamente conto delle conquiste realizzate negli ultimi trant’anni dalla filologia musicale e l’esecuzione, pur se realizzata su strumenti moderni, si distingue per accuratezza stilistica. Tutto è scattante, pieno di ritmo, aiutato anche da una registrazione di grande brillantezza che mette in evidenza ogni sfumatura e restituisce l’eccitazione ritmica che questi musicisti sanno creare in concerto. Chiude il cd un’ottima registrazione della celebre Sinfonia dei giocattoli. In realtà non si sa bene chi l’abbia scritta: Haydn? Leopold Mozart? Non importa, è una delizia.


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