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Nel prisma colorato di Linda Perachs

Linda Perhacs. (Rachael Pony Cassells)

Un incontro del genere poteva avvenire solo nel 1968 in California. Il compositore di colonne sonore Leonard Rosenman (già famoso per aver composto le musiche per i film di James Dean, di cui era stato anche insegnante di pianoforte) andò a farsi fare una pulizia dei denti. A un certo punto si mise a chiacchierare con Linda, la giovane igienista dentale che si occupava di lui. Linda gli disse che era una cantautrice e gli fece ascoltare alcuni demo. Rosenman rimase colpito dalla visionarietà e dalla varietà dei suoi pezzi e decise di produrre per lei un album.

Nel 1970 uscì Parallelograms, una raccolta di canzoni che potrebbe essere definita hippy se gli hippy avessero messo su una comune su Marte. La voce di Linda Perachs ha una freschezza senza età e sembra arrivare da una dimensione lontana di stupore e di calma, in cui ogni cosa, da un filo d’erba a un refolo di vento che muove le foglie, è vista come un fenomeno nuovo e meraviglioso. Parallelograms è uno di quegli album-mondo che hanno la capacità magica di creare una realtà parallela, con leggi fisiche proprie. È un disco folk psichedelico, pieno di piccole dissonanze, di finezze sonore, di svolte impreviste e di echi lontani, e non sembra riallacciarsi a nessun filone di moda tra gli anni sessanta e settanta.

L’album non ebbe alcun successo e Linda tornò a occuparsi di denti, fino alla riscoperta del suo lavoro che arrivò nel 2010. Perachs ha inciso altri due album, nel 2014 e nel 2017, e se li ascoltate è una meraviglia pensare che quella leggerissima voce da ragazza appartenga a un’igienista dentale in pensione. Parallelograms resta un classico dimenticato e oggi, cinquant’anni dopo, ascoltato in cuffia fa viaggiare lontano lontano, come allora.

Linda Perachs
Parallelograms
Kapp Records, 1970/Anthology Recordings, 2014

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