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Un tuffo nel mare urbano con Tom Waits

Tom Waits a Los Angeles, il 2 febbraio 1989. (Ellen Jaskol, Los Angeles Times via Getty Images)

Quando si sta chiusi in casa, il corpo più di tanto non si può muovere. Ma la mente, almeno quella, può andarsene per i fatti suoi. La settimana scorsa abbiamo fatto un giro nello spazio, stavolta invece ci troviamo da qualche parte in Asia e stiamo per salpare per Singapore. Impossibile, direte. E invece si può. Basta chiudere gli occhi e ascoltare questo pezzo marinaresco di Tom Waits che apre Rain dogs, il mio disco preferito del cantautore statunitense.

L’ispirazione per Singapore, ha spiegato Waits, gli è venuta pensando all’attore Richard Burton – sette volte candidato al premio Oscar senza mai vincerlo, alcolizzato, donnaiolo, un perdente di successo insomma, come piacciono a lui – con una bottiglia di brandy in mano mentre sta per salire a bordo di una nave in compagnia di qualche ragazza. Il pezzo parte da qui, e si avventura in mezzo alle onde del mare urbano, tra scene di sesso in mezzo ai vicoli, nani con un braccio solo ed epiche bevute, fino a quel contrabbasso sornione che chiude il sipario. Ascoltatela e non fermatevi lì. Il resto dell’album non è da meno.

Rain dogs
Tom Waits
Island, 1985


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