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La legge che imbavaglia la Spagna

La manifestazione a Madrid contro la nuova legge sulla sicurezza, il 30 giugno 2015. (Andres Kudacki, Ap/Ansa)

Il New York Times l’ha definita una “legge abominevole” e ha affermato che riporta la Spagna “in maniera inquietante ai tempi bui di Franco”. Il relatore speciale dell’Onu per il diritto alla libertà di associazione e di riunione pacifica, Maina Kiai, ha invitato i legislatori spagnoli a sospendere la legge, dicendo che “il diritto di protestare pacificamente e di esprimere collettivamente un’opinione è fondamentale per l’esistenza di una società libera e democratica”.

Ma niente di tutto questo ha fatto cambiare idea a Mariano Rajoy e al suo ministro dell’interno, Jorge Fernández Díaz, un membro dell’Opus dei che aveva già fatto intuire il suo senso di cristianità quando ha difeso i sedici componenti della Guardia civil che hanno usato mezzi antisommossa contro un gruppo di immigrati e rifugiati mentre cercavano di raggiungere a nuoto la Spagna dal Marocco, causando la morte di quindici persone.

Rajoy e Fernández hanno ignorato gli avvertimenti di giuristi, mezzi di informazione e ong, e il 1 luglio la legge sulla sicurezza, più nota come legge bavaglio (ley mordaza), è entrata in vigore in Spagna, finora la quarta economia della zona euro. La legge arriva dopo tre anni e mezzo di maggioranza assoluta del Partito popolare spagnolo (Ppe), un periodo che indubbiamente passerà alla storia come uno dei più neri e più affascinanti dal punto di vista politico e sociale della recente storia spagnola.

La legge, che è stata approvata dalla cerchia del Ppe in parlamento e contro cui l’opposizione ha presentato ricorso davanti alla corte costituzionale, prevede 44 fattispecie che concedono al governo la facoltà di multare i cittadini con sanzioni che vanno dai cento ai seicentomila euro per infrazioni amministrative suddivise in tre categorie: lievi, gravi e molto gravi. L’obiettivo della legge è consentire alla polizia di agire in maniera rapida e decisa contro le persone che commettessero una o più di una di queste 44 infrazioni senza passare davanti al giudice, cosa che in effetti ci riporta ai tempi della dittatura franchista e ci fa ripiombare in uno stato di polizia.

La legge bavaglio è anche peggiore delle norme in vigore in quegli anni atroci. All’epoca, quando la polizia arrestava un manifestante e il giudice lo rimetteva in libertà, la polizia aspettava sulla porta la persona fermata e le imponeva una multa amministrativa. Adesso le forze di sicurezza potranno imporre le multe direttamente, senza la mediazione di un tribunale. Secondo la nuova legge, gli atti di disubbedienza o di resistenza all’autorità non saranno più considerati un’infrazione lieve (come prevedeva la legge 1 del 1992) ma grave, punita con una multa da 601 a 30mila euro.

La paranoia del governo

Com’è possibile che una simile legge liberticida sia stata approvata all’inizio del terzo millennio in Spagna? La prima risposta alla domanda sta nella profonda paura del Ppe nei confronti delle manifestazioni e dei mezzi di informazione liberi.

Il presidente Rajoy, abituato a presentarsi davanti ai giornalisti attraverso uno schermo al plasma per evitare domande dirette, nel 2004 perse le elezioni contro Zapatero perché il suo partito aveva mentito sull’attentato jihadista contro la stazione di Atocha: gli spagnoli scesero in piazza a chiedere spiegazioni, non le ottennero, e due giorni dopo punirono il governo alle urne. Quattro anni fa milioni di cittadini indignati hanno invaso le piazze spagnole durante le proteste del 15-M: la richiesta di una maggiore democrazia aveva assunto un andamento condiviso in tutto il paese. Adesso il governo conservatore affronta gli ultimi mesi di legislatura in una situazione di fragilità quasi disperata.

La sua popolarità è ai minimi termini a causa della diffusissima corruzione, della durezza dei tagli dovuti all’austerità e degli enormi tassi di disoccupazione e precarietà (un terzo degli spagnoli oggi vive sotto la soglia di povertà). Rajoy vuole evitare a tutti i costi nuove manifestazioni che lo metterebbero ancora più in difficoltà. L’ombra della Grecia è lunga. Podemos, che ha strappato al Ppe alcune delle principali città alle ultime elezioni comunali, è una minaccia molto seria per il sistema bipartitico spagnolo, screditato e marcio. La legge prevede sanzioni fino a 600mila euro in quattro casi. Per farsi un’idea della paranoia che la ispira, basti sapere che punisce allo stesso modo la “fabbricazione o il commercio di armi ed esplosivi” e le “manifestazioni o riunioni non comunicate”.

La seconda ragione, è il desiderio di trasformare la strada in un commissariato. Sono previste multe fino a 30mila euro per chi manifesterà davanti a istituzioni pubbliche, per chi fumerà una canna in pubblico, per chi chiederà prestazioni sessuali vicino a scuole o asili, per chi interromperà un evento pubblico (una partita di calcio, una conferenza o una messa), per chi sposterà una transenna della polizia o un cassonetto, per chi si opporrà a uno sfratto (ce ne sono stati 600mila in sette anni), per chi non avrà con sé la carta di identità, per chi esibirà un’arma, per chi si travestirà da poliziotto, per chi manderà qualcun altro a comprare droga al posto suo o per chi pianterà marijuana in giardino.

La terza ragione sta nel progetto di limitare la libertà di espressione. La legge bavaglio punirà con multe fino a seimila euro i professionisti e i mezzi di comunicazione che fotograferanno, pubblicheranno o denunceranno casi di abuso o maltrattamento compiuti dalla polizia, e punirà le fughe di notizie e la pubblicazione di alcune informazioni e immagini.

Quest’ultimo punto, seppur grave, è il meno necessario della legge. Anche se a molti italiani sembrerà impossibile, il governo del Ppe ha superato Silvio Berlusconi in quanto a controllo della stampa. Senza troppo rumore, grazie al sostegno di alcuni mezzi di informazione e con l’aiuto delle grandi banche che hanno “salvato” alcuni quotidiani in rovina trasformando il loro debito in azioni, oggi il Partito popolare controlla più del 90 per cento dei mezzi di informazione pubblici e privati della Spagna.

Se aggiungiamo a questa realtà la legge bavaglio e le riforme politiche e del lavoro che hanno privato gli spagnoli di altri diritti e libertà fondamentali (lavoro, istruzione, sanità, pluralità, casa), la conclusione del New York Times è probabilmente fin troppo ottimista.

In effetti per alcuni versi siamo tornati agli anni tragici e bui di Franco. Ma sono rispuntate anche la resistenza e la mobilitazione, e la speranza di molti è che il boomerang della giustizia finisca per ritorcersi contro questo governo guidato da un partito corrotto e clientelare che si finanzia illegalmente da quarant’anni con commissioni e mazzette registrate in una contabilità clandestina. Speriamo che la legge bavaglio sia solo il penultimo segno di vita di un governo servile con gli amici e i potenti e dispotico con gli oppositori e i cittadini.

(Traduzione di Francesca Rossetti)

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