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L’equilibrismo di Matteo Renzi dopo gli attentati di Parigi

Il ministro degli esteri francese Laurent Fabius e il premier Matteo Renzi a Antalya, in Turchia, il 16 novembre 2015. (Fatih Aktas, Reuters/Contrasto)

Matteo Renzi sta ancora cercando il giusto tono tra la compassione verso le vittime degli attentati di Parigi, la solidarietà con la Francia, la fermezza nei confronti dei terroristi e la necessità di rassicurare l’opinione pubblica italiana a poche settimane dall’apertura dell’anno santo a Roma (dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016). L’evento dovrebbe attirare milioni di pellegrini nella città eterna. “Il papa è sempre un obiettivo possibile”, ha dichiarato il presidente del consiglio durante un’intervista a Sky News il 18 novembre.

La compassione l’ha mostrata a più riprese, parlando di “un attacco contro l’identità stessa della Francia e dell’Europa”. La sua solidarietà, invece, si tinge di prudenza. Esitando a usare il termine “guerra” per non attirare problemi sulla penisola, spiega che “la forza da sola non basta”, come ha dimostrato l’intervento in Libia. Stretta nella morsa di una tripla fedeltà – agli Stati Uniti, alla Russia e all’Europa – l’Italia si rifiuta di prendere altri impegni. “Per ora la Francia non chiede altro che una solidarietà politica”, spiega il ministro degli esteri Paolo Gentiloni.

Secondo i sondaggi solo il 10 per cento degli italiani è favorevole a un intervento in Siria al fianco della Francia

Rimane la questione della fermezza. Su questo punto Matteo Renzi non ha esitato a seguire le orme di François Hollande, che nel suo discorso al parlamento si è smarcato dalle regole del “patto di stabilità” per privilegiare il “patto di sicurezza”. Oltre ad aver mandato altri settecento agenti a Roma per mettere in sicurezza gli obiettivi sensibili e ad aver alzato il livello d’allerta in tutto il paese, ha annunciato che la settimana prossima farà “una proposta a tutte le forze politiche per investire sulla sicurezza”. Questa nuova voce di spesa sarà inserita in un bilancio per il 2016 che è già in deficit.

Forse la prudenza del capo del governo nasconde anche altri scopi. Secondo un sondaggio realizzato dall’istituto Demopolis per La7, la maggioranza degli italiani teme un attentato, ma solo il 10 per cento vuole che l’Italia intervenga in Siria al fianco della Francia. Il 33 per cento lo accetterebbe nel quadro di una coalizione internazionale, ma il 57 sarebbe contrario in ogni caso. Una proporzione che sale al 60 per cento tra gli elettori del Partito democratico di Renzi e all’81 per cento tra quelli del Movimento cinque stelle, attualmente il suo principale rivale.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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