Umani e droni
1. Sparkle in grey, Iurop is a madness
Formidabile euroaggiornamento di Inglan is a bitch di Linton Kwesi Johnson, reimmaginato in wolof da Zacharia Diatta, che vive ad Alessandria e aggiunge il Senegal ai luoghi (Uzbekistan, Camerun, Brasile, Brianza) le cui sonorità percolano nell’amalgama di questo album, Brahim Izdag. Nome di uno sciatore del Marocco alle Olimpiadi invernali del 1992, celebre per i ruzzoloni in mondovisione. Eroe del mettercela tutta e sbagliare per passione in cui si rispecchia Matteo Uggeri, capobanda di un irripetibile collage di violini, spezie, ritmo, migrazioni.
2. Giacomo Sferlazzo, Che smania di vivere ho
“A voi che avete fatto di Lampedusa una bottega per fare la spesa” tuona nel suo album Giostre per giovani vecchi: e sa di cosa parla, perché a Lampedusa ci vive e ci sgobba, duro puro e radicale, come attivista, e come cantautore. Ad ascoltare i suoi racconti messi in musica, viene naturale incuriosirsi un po’ meno a quelli più evidentemente di protesta (come A voi, il pezzo da cui la citazione sopra, oppure la strafottente Siamo i moderati) e un po’ di più a quelli personali, da cui esce questo vulcanico bruto barbuto straripante di smanie di vita e di idee.
3. Anohni, Drone bomb me
Va bene, la voce di Antony & the Johnsons è la classica a cui far cantare la lista della spesa, nella certezza di ricavarne comunque un tremolìo delle interiora. Figurarsi se diventa una ragazza afgana che parla di un amore esplosivo e bombarolo, capace di far saltar via la testa, spazzare via dalla montagna e scaraventare in mezzo al mare. Al solito, si prova amore e se ne muore, ma è l’uso dei droni e di quella voce che colpisce. Dall’album intitolato Hopelessness, ecco quella che, a buon diritto, è la nuova speranza di un soul oltre colori e razze, età e genere.
Questo articolo è stato pubblicato il 6 maggio 2016 a pagina 114 di Internazionale, con il titolo “Umani e droni”. Compra questo numero| Abbonati