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Il nuovo brivido di Playboy

Il fondatore di Playboy Hugh Hefner con alcune modelle della rivista, il 18 luglio 1962. (Helmut Kretz, Getty Images)

Un mese fa, in un salone di Los Angeles con i quadri di Picasso e de Kooning sulle pareti, si sono incontrati Cory Jones, caporedattore di Playboy e Hugh Hefner, il suo fondatore. Racconta Ravi Somaiya sul New York Times che Jones voleva presentare una proposta inaspettata e radicale: smettere di pubblicare foto di nudo sulla rivista che ha rivoluzionato l’erotismo. E Hefner, 89 anni, ha accettato.

Per una generazione di uomini americani Playboy è stato un “rito culturale, un brivido illecito consumato sotto la luce di una torcia”, continua Somaiya. Ma oggi ogni adolescente ha una connessione a internet e uno smartphone. E le riviste come Playboy hanno perso il valore di innovazione, quello commerciale e quello culturale di cui godevano un tempo.

Nel 1975 Playboy vendeva 5.6 milioni di copie, nel 2015 800mila, secondo l’Alliance Audited Media citata dal New York Times.

I cambiamenti proposti sono stati testati su gruppi di uomini dai 18 ai 30 anni o poco più, ha assicurato Jones. La rivista adotterà uno stile più pulito e moderno, le immagini saranno più intime e simili alle sezioni più osé di Instagram. E continuerà a pubblicare interviste e inchieste, come ha fatto fin dai primi numeri, quando a firmarle erano autori come Truman Capote, Alberto Moravia, Raymond Carver.

Il primo numero di Playboy, uscito nel 1953, con Marilyn Monroe in copertina, aveva lo slogan: “Se sei un uomo tra i 18 e gli 80 anni, Playboy è perfetto per te”. Mentre oggi, come ha spiegato il giornalista Scott Flanders, è un click che separa Playboy da ogni lettore che ha a disposizione infiniti contenuti sessuali gratuiti.

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