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Una mattina in spiaggia a Cagliari per capire come va il turismo

La spiaggia del Poetto, Cagliari, 4 luglio 2020. (Alessio Cabras per Internazionale)

Alle 9.30 di uno dei primi sabati di luglio il maestrale a Cagliari si sente appena. Il cielo è sgombro di nuvole, i temporali previsti sono rimasti a nord. La città si è svegliata da poco, mentre i primi passeggeri salgono sul 3P. L’autobus parte dal quartiere centrale San Benedetto per raggiungere il Poetto, ovvero la spiaggia cittadina, dieci chilometri di mare che si allungano tra il capoluogo sardo e il comune di Quartu Sant’Elena.

Un buon punto di osservazione per capire cosa sta ripartendo e come, con quali difficoltà, come le persone sono uscite dall’isolamento, con quali speranze e quali paure. Tenendo presente un dato importante per la Sardegna: a giugno, secondo il sindacato balneari, la regione ha registrato il calo più pesante in Italia per quanto riguarda le presenze sull’isola, l’80 per cento in meno rispetto al 2019.

A bordo del 3P si vedono mascherine e infrandito, qualche ombrellone e borse frigo: ci sono per lo più mamme e bimbi, signore pensionate, bagnanti solitari. I posti sono alternati: sui seggiolini gli adesivi rossi segnano i divieti imposti per evitare la diffusione del nuovo coronavirus. Alla rotonda dello stadio Amsicora, quello dello scudetto del 1970, è quasi mare: ancora un quarto d’ora e c’è la prima delle fermate sulla via delle Saline.

Pochi turisti
Dalla fermata al lungomare senza auto sono appena cento metri. Le piste per ciclisti, pattinatori e runner sono separate dalla sabbia da passerelle in legno. A destra, sotto il promontorio che tutti qui conoscono come la Sella del diavolo, il porticciolo Marina Piccola e i suoi ristoranti: un primo e acqua a dieci euro, si legge sulla lavagna sul marciapiede. Nel parcheggio di lato c’è ancora qualche posto libero, mentre continuano ad arrivare le famiglie.

Ad aspettarle, all’ombra degli alberi, c’è Ibrahim, circa cinquant’anni, del Bangladesh. Vende soprattutto dei parasole. Ha poca voglia di parlare. Teme molto i controlli: “Vengo qui solo sabato e domenica, mentre gli altri giorni sono nella zona degli ospedali”. Da metà giugno – con le riaperture e il caldo – sono tornati anche gli ambulanti carichi di asciugamani, palloni, papere gonfiabili. Anche loro, così come le donne senegalesi che fanno le treccine, si aggirano guardinghi.

Al bar sul porticciolo, alle 10, il via vai dei camerieri si confonde con il rumore delle tazzine e delle sedie di alluminio spostate da una parte all’altra. Ci sono tante persone, soprattutto anziani. Francesca e Paola, entrambe di più di settant’anni, chiacchierano. “Vivo a Cagliari, mi ha accompagnato mio marito”, dice Francesca. “Vengo un giorno sì e uno no, due ore e vado via. Sto qui perché ci sono pochi bambini ed è pulito, ma non ho ancora fatto il primo bagno”. Cappello e occhiali da sole, le fa eco Paola, arrivata da Monastir – venti chilometri a nordovest – in autobus: “Qui è riparato nelle giornate di vento, si sposteranno in tanti durante la mattinata. Ma finora le distanze sono rispettate”.

Bagnanti nel porticciolo turistico del Poetto, Cagliari, 4 luglio 2020.

Più avanti, nel tratto di spiaggia libera, due uomini si affannano a piantare degli ombrelloni, ormai già in terza fila. Sono i mariti di due cugine di Samassi, hanno fatto quaranta chilometri per arrivare al Poetto. Con loro ci sono anche Rachele e Giorgia, entrambe di 15 anni, bikini e abbronzatura già visibile: “Oggi siamo venute con mamma e papà. Di solito loro vanno nell’oristanese o al nord, a San Teodoro. Noi ragazze invece dall’8 giugno, cioè da quando è finita la telescuola, veniamo qui quasi tutti i giorni con gli amici. Un panino a metà giornata e rientriamo in bus: è stato bellissimo dopo i mesi a casa”.

Tra gli ombrelloni spicca Mattia Nateri, 29 anni, maglietta e pantaloncini rossi sui tatuaggi. Vigila sul tratto a mare, quaranta metri a destra e quaranta a sinistra dietro la postazione di soccorso della protezione civile, per conto della Kalaris service. “Ho cominciato il 15 giugno”, dice, “solo da pochi giorni ci sono più persone, soprattutto sardi, cagliaritani e dei paesi vicini. Turisti veri? Qualcuno, ma probabilmente arrivato prima del lockdown”.

Dal 25 giugno sono di nuovo attivi i voli internazionali per la Sardegna. E per settimane – tra maggio e giugno – aspiranti villeggianti, proprietari di seconde case, albergatori e ristoratori si sono divisi sull’idea del passaporto sanitario sostenuta dal presidente della regione, il leghista-sardista Christian Solinas. Una specie di certificato che attestasse la negatività al covid-19 da presentare all’arrivo, definito però incostituzionale e bocciato dal governo. Ora chi sbarca o atterra deve solo registrarsi al sito istituzionale o sull’app Sardegna sicura, e rispondere a un questionario. Nel 2019 allo scalo di Cagliari-Elmas sono atterrate quasi cinque milioni di persone. Quest’anno potrebbero essere la metà, secondo le stime dell’azienda che gestisce l’aeroporto.

Una passerella accanto alla spiaggia, Cagliari, 4 luglio 2020.

Ore 10.30, quasi trenta gradi, due genitori sulla quarantina si stanno preparando per andarsene. Lui piega gli asciugamani, lei ha già la borsa pronta e Alessandro in braccio, un anno tra due settimane: “Si sta bene se si arriva presto, poi man mano le persone si piazzano quasi addosso l’una all’altra. Ma da domani andiamo in Ogliastra, a Santa Maria Navarrese, il mio paese, lì le distanze sono assicurate”, dice l’uomo.

Sul lungomare sfilano lenti due taxi vuoti e due camionette della polizia a far da ronda. Il primo tratto del Poetto – due chilometri, tre fermate del bus – è presidiato: ci sono anche carabinieri e agenti di polizia locale a piedi. Sul lungomare passeggiatori in tenuta da jogging. In bici ci sono soprattutto sportivi con le divise della squadra. Corrono in gruppo, tutti uomini, tutti sardi.

Lavoro a distanza e cassa integrazione
Dall’altro lato della strada si alternano villette basse con giardino, bar e l’hotel Nautilus, un tre stelle a due piani color tortora e strisce di bianco. Sui tavolini in ferro del dehors all’ingresso c’è Alessio Ferretti, 41 anni, di Roma. Lavora al portatile e risponde al telefono. Indossa una camicia bianca e si muove con disinvoltura: “Lavoro, ma mi godo anche il mare. Faccio un’ora alle 7, poi torno in spiaggia durante la pausa pranzo e la sera”. Racconta di essere al Poetto da più di dieci giorni. “Gestisco un portale online di consulenza fiscale, da due anni abbiamo aperto una sede a Quartu Sant’Elena”. Tempo dieci minuti e arrivano altri due ospiti dell’arbergo. Sono clienti di Ferretti, atterrati con il primo aereo da Roma, pieno a metà: “C’erano anche nonni che sono andati a prendere i nipoti perché i genitori devono lavorare, a tanti è stato chiesto di prendersi le ferie durante il lockdown, ad altri di rientrare dopo la cassaintegrazione”.

La manager dell’hotel Nautilus, Laura Pettinau, 46 anni, spiega come vanno le cose dal suo punto di osservazione: “I clienti sono quasi tutti italiani, in viaggio per lavoro o per villeggiatura”. Qualcuno chiede come funziona il voucher vacanze, arrivano dalla Puglia, dalla Lombardia, dal Piemonte, dalla Toscana. La maggior parte, invece di prenotare via web, preferisce chiamare o scrivere: “Vogliono essere rassicurati, chiedono quale precauzioni e misure stiamo prendendo, e com’è la situazione sanitaria”.

Alberto Pusceddu, 35 anni, è addetto alla sicurezza della cooperativa Golfo degli Angeli, che affitta ombrelloni, canoe e pedalò. Ci lavora da dodici anni e racconta che “oggi non c’è più un posto libero, ma è sabato, gli altri giorni non è così”. Dice che quest’anno, a causa del calo delle presenze, incassano in media tra i 200 e i 350 euro al giorno, mentre l’anno scorso “più di duemila euro, già da inizio giugno…”. Le tariffe sono più o meno quelle del passato: sabato e domenica, in alta stagione avviata, si spendono 17 euro al giorno per ombrellone e lettino, 15 gli altri giorni.

Arriva una ragazza di Vienna, ma deve cercare più in là: “Avevo bisogno di sole e aria dopo la quarantena, ho preso un appartamento in centro, ho già vissuto a Cagliari nel 2014 per un tirocinio dopo la laurea”, racconta.

È quasi ora di pranzo, chi è arrivato presto torna a casa, mentre tanti restano in acqua. Le palme di fronte al Lido, uno stabilimento aperto nel 1914, sono scosse dal vento: dall’ingresso bianco sotto le bandiere escono due ragazze di Portorico, Jamila e Wunda, di 22 e 29 anni: “Siamo qui con i nostri genitori per una settimana”. Una coppia di americani va verso il ristorante: “Lavoriamo e viviamo a Roma, siamo venuti a Cagliari per il mare e per divertirci”.

La loro euforia contrasta con i dati forniti dagli economisti delle università di Cagliari e Sassari. Gli studiosi stimano che nel 2020 il prodotto interno lordo della regione Sardegna perderà quasi il 12 per cento.

Dall’altro lato della strada la vetrina della gelateria Insomnia è vuota. Il cancello sbarrato, tutto spento, nessun cartello. Sulla loro pagina Facebook c’è un post del 19 maggio che annuncia la chiusura della struttura, compresi ristorante e bar. “A breve vi comunicheremo la data di riapertura”, si legge. Seguono le emoticon di un arcobaleno e quella di un sole.

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