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Perché è importante la vittoria di un democratico in Alabama 

I sostenitori del candidato democratico Doug Jones a Birmingham, Alabama, 11 dicembre 2017. (Marvin Gentry, Reuters/Contrasto)

La vittoria di Doug Jones alle elezioni per scegliere un rappresentante dell’Alabama al senato è storica per vari motivi. Il più importante, probabilmente, è che Jones ha sconfitto Roy Moore – un estremista di destra che in campagna elettorale era stato accusato di aver molestato sessualmente delle minorenni – grazie al fatto che gli afroamericani sono andati a votare in numeri senza precedenti. Un esito ancora più notevole se si considera che l’Alabama è uno degli stati che negli ultimi anni ha fatto di più per sopprimere il diritto al voto delle minoranze.

Dopo la fine della segregazione razziale, negli anni sessanta, l’Alabama è stato stabilmente governato da rappresentanti del Partito repubblicano, che hanno escogitato vari modi per limitare l’influenza politica dei neri (che oggi rappresentano il 25 per cento della popolazione). La strategia più comune è stata quella di approvare leggi che aumentano i requisiti che i cittadini devono rispettare per essere iscritti alle liste elettorali, e quindi per votare.

In Alabama dal 2011 è in vigore una legge che impone agli elettori di presentarsi al seggio con un documento

Questi provvedimenti storicamente colpiscono le persone appartenenti alle minoranze, che in tutto il paese – ma soprattutto negli stati del sud colpiti più duramente dalla schiavitù e dalla segregazione – sono mediamente più povere e spesso non hanno accesso ai servizi, per cui hanno grossi problemi a rispettare quei requisiti.

In Alabama dal 2011 è in vigore una legge che impone agli elettori di presentarsi al seggio con un documento su cui ci sia anche una loro foto, per esempio una patente valida o un passaporto. Può sembrare assurdo che un cittadino non riesca a procurarsi un documento con queste caratteristiche, ma negli Stati Uniti ci sono centinaia di migliaia di persone a basso reddito che non hanno i mezzi per ottenerlo, per esempio perché non hanno la macchina, o non possono pagare qualcuno che li porti all’ufficio della motorizzazione, che in posti come l’Alabama può essere lontano decine di chilometri. Secondo le stime, in Alabama gli elettori registrati che non hanno un documento con foto valido sono 118mila; i neri e le persone di origine ispanica hanno il doppio delle possibilità dei bianchi di entrare in questa categoria.

Senza diritto al voto
I repubblicani sostengono che l’obiettivo della legge è impedire le frodi elettorali, ma i dati dimostrano che nelle elezioni degli ultimi decenni – in Alabama e nel resto degli Stati Uniti – i casi di persone che hanno provato a votare facendosi passare per qualcun altro sono pochissimi. Chi critica questa legge sostiene che è un modo per tenere i neri lontani dai seggi, e quest’idea è stata confermata dalle dichiarazioni degli stessi repubblicani. Il New York Times riporta le parole di un senatore locale favorevole alla legge del 2011, secondo cui quel provvedimento “avrebbe danneggiato la struttura di potere dei neri”. E ha aggiunto che l’assenza di quei requisiti per il voto “aiutava i leader politici afroamericani”.

Un altro ostacolo alla partecipazione politica riguarda le leggi sul voto dei detenuti. In Alabama, come in altri otto stati americani, chi perde il diritto al voto dopo una condanna penale può recuperarlo solo pagando esorbitanti multe, risarcimenti alle vittime e spese legali. Questo ha creato una sottoclasse di persone che non possono votare perché sono troppo povere. Secondo le stime statali, oggi ci sono più di 280mila pregiudicati che non possono votare, cioè il 7 per cento delle persone in età per votare. I neri, che finiscono in carcere molto più dei bianchi, compongono la metà di quella somma, e questo significa che il 15 per cento degli afroamericani dell’Alabama non può votare.

Oltre al danno immediato agli interessi della comunità nera ce n’è un altro indiretto e nel lungo periodo ancora più dannoso. Deuel Ross, avvocato della National association for the advancement of colored people di New York, spiega che queste norme indirettamente penalizzano anche gli afroamericani che non sono mai stati condannati. “Esiste il contagio di comunità. Se tuo padre o tua madre non possono votare è probabile che non imparerai mai l’importanza del voto”.

Negli ultimi anni i repubblicani e i democratici si sono accusati a vicenda di manipolare i distretti elettorali

Un altro strumento usato per limitare l’influenza politica di alcuni settori della popolazione riguarda il gerrymandering, una pratica usata da chi è al governo per manipolare i confini dei distretti elettorali per ridurre il peso degli elettori che presumibilmente voterebbero per l’opposizione. Concretamente viene realizzata in due modi: disperdere il potere di voto di un determinato gruppo frammentandolo in più distretti oppure, al contrario, concentrare il potere di voto di un gruppo in un singolo distretto per ridurre la sua influenza in altri distretti. È una pratica vecchia quasi quanto gli Stati Uniti, e i partiti la considerano generalmente una delle prerogative di chi è al governo.

Ma negli ultimi anni i repubblicani e i democratici si sono accusati a vicenda di manipolare i distretti elettorali per condizionare l’esito delle elezioni, ma ha farne ricorso è stata soprattutto la destra in molte regioni del paese (anche in Alabama) per contrastare una tendenza demografica – l’aumento degli elettori non bianchi – che avrebbe potuto sfavorirla nel lungo periodo.

L’8 dicembre la corte suprema degli Stati Uniti ha accettato di valutare un ricorso dei repubblicani del Maryland, secondo cui i democratici al governo hanno disegnato i distretti elettorali in modo da danneggiare i loro interessi. Se dovesse dichiarare incostituzionale il gerrymandering, la corte costituzionale trasformerebbe il modo in cui le campagne elettorali sono condotte, e quindi tutta la politica nazionale.

Nel frattempo sia il gerrymandering sia le leggi sulla soppressione del voto sono destinate a condizionare fortemente la politica statunitense nel 2018, un anno fondamentale perché ci saranno le elezioni di metà mandato. La vittoria di Jones in Alabama ha dato ai democratici nuove speranze di un trionfo che li porti a prendere il controllo del senato. Ma le limitazioni al voto in molti stati – compresi quelli che i democratici dovranno conquistare per avere il controllo del senato, come il Nevada e l’Arizona – daranno un vantaggio di partenza ai repubblicani. Per neutralizzarlo i democratici dovranno mobilitare il loro elettorato, soprattutto le minoranze, come non sono riusciti a fare alle presidenziali del 2016, prendendo esempio dalla campagna elettorale di Jones in Alabama.

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