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Giornalisti durante la guerra di Corea, a Kaesong, in Corea del Sud, 1952. (Werner Bischof, Magnum)
Libia, il 6 marzo 2011. (Michael Christopher Brown, Magnum)
Un soldato irlandese durante un’esplosione a Elizabethville (ora Lubumbashi), nell’attuale Repubblica democratica del Congo, 1961. (Ian Berry, Magnum)
Monrovia, Liberia, 2003. (Tim Hetherington, Magnum)
Membri delle brigate internazionali a Madrid, Spagna, nel novembre del 1936. (Robert Capa, International Center of Photography/Magnum)
Un sostenitore di Gheddafi in un campo da calcio, nei dintorni di Zawiyah, in Libia, il 9 marzo 2011. (Moises Saman, Magnum)
Profughi in Grecia, 1948. (David Seymour, Magnum)
Soldati alla ricerca di passeggeri su un autobus nel Salvador, 1980. (Susan Meiselas, Magnum)

La Magnum in guerra

Fin dalla sua fondazione nel 1947, l’agenzia fotografica Magnum si è sempre distinta per la copertura dei conflitti in ogni parte del mondo.

Failing Leviathan: Magnum photographers and civil war, organizzata dal National civil war centre di Newark, nel Regno Unito, ripercorre le grandi storie che l’agenzia ha saputo raccontare grazie a fotoreporter come Robert Capa, Werner Bischof, Susan Meiselas e Jérôme Sessini, che sono solo alcuni degli undici autori scelti per l’esposizione.

Il titolo della mostra è ispirato all’opera Leviatano (1651) del filosofo Thomas Hobbes, che affronta il problema della legittimità e della forma dello stato. Infatti oltre a uno sguardo storico sul lavoro della Magnum, Failing Leviathan cerca di esaminare il rapporto tra governi fragili e un’informazione altrettanto debole, all’interno dello stesso sistema politico ed economico, e si interroga su quale sia il ruolo del fotografo in dinamiche di questo genere.

La mostra invita a una riflessione su come sono cambiate le guerre e sul ruolo dei mezzi d’informazione che le raccontano. Come spiega il curatore Julian Stallabrass, quando Robert Capa andò in Spagna per documentare la guerra civile, i giornalisti erano invitati dai partiti e dalle fazioni in campo che si affrontavano partendo da opposte ideologie. Oggi, i fotografi affrontano il caos di lunghe battaglie tra forze locali, difficili da individuare e sfuggenti ai tentativi di descrizione.

Per questo, i fotoreporter si trovano a ricoprire dei ruoli più ambigui, in cui non è sempre chiaro se siano schierati o meno, e a praticare la professione in modo generico, fattore che li spinge ad affrontare la guerra come freelance, senza l’appoggio e la protezione dei giornali o delle agenzie fotografiche. “I mezzi d’informazione come ce li ricordiamo non esistono più”, racconta ancora Stallabrass. “I maggiori quotidiani hanno problemi economici e così hanno gradualmente smesso di commissionare i reportage dai luoghi di conflitto. C’è ancora interesse per la fotografia di guerra, ma è complicato e costoso usarla. Ecco perché molti fotografi diffondono il loro lavoro attraverso Instagram e le altre forme di self-publishing.”

Failing Leviathan sarà aperta al pubblico fino al 5 novembre 2015.

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