×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Gorgio (a destra) in una strada di un quartiere ricco di Tel Aviv, alla fine della sua giornata di lavoro in un albergo, dove si occupa delle pulizie. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Un bar a Tel Aviv. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
La famiglia di Tsehay vive in un quartiere nella parte meridionale della città, dove vivono gli israeliani più poveri e i profughi eritrei. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Un salone di bellezza africano dove molte israeliane vengono per farsi fare le treccine. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Il campo di detenzione di Holot. Qui vivono circa tremila richiedenti asilo, provenienti soprattutto dal Sudan e dall’Eritrea. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Tsehay (al centro) ha lasciato l’Eritrea nel 2007. Nel suo viaggio nel Sinai ha subìto diverse violenze. Ora vive a Tel Aviv con il marito Alemseged (a sinistra) e la figlia neonata Sidona. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Fremuz lavora come cameriera in un albergo. È stata assunta perché conosce l’inglese. Spera di potere raggiungere la sorella in Europa. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Un profugo eritreo cerca oggetti riciclabili in un cassonetto. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Ogni sabato mattina all’alba, la comunità copta eritrea si riunisce in un appartamento nella parte meridionale di Tel Aviv. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Davanti alla chiesa copta eritrea. (Sarah Caron, Karmapress Photo)
Il quartiere a sud di Tel Aviv abitato da eritrei e sudanesi. (Sarah Caron, Karmapress Photo)

In Israele c’è una piccola Asmara

Secondo le autorità israeliane sono almeno 65mila i migranti africani entrati illegalmente nel paese tra il 2006 e il 2013. Circa 45mila si sono fermati: vengono soprattutto dall’Eritrea (33mila) e dal Sudan (8.500). Israele, però, ha concesso lo status di rifugiati solo a quattro eritrei. Agli altri è stato garantito un visto di protezione temporanea, con cui i migranti evitano l’espulsione ma non possono avere permessi di lavoro, servizi sanitari e servizi sociali.

Nel 2013 il governo israeliano ha avviato un progetto di “rimpatrio volontario”, con cui offre ai migranti 3.500 dollari e un biglietto di sola andata per il loro paese o un paese terzo, quasi sempre Ruanda o Uganda. Chi rifiuta finisce in un centro di detenzione nel deserto del Negev. Una sentenza della corte suprema ha stabilito che la detenzione non può durare più di un anno, ma ai migranti rilasciati è vietato abitare o lavorare nel centro di Tel Aviv. Dall’inizio del programma sono stati rimpatriati diecimila migranti, ma molti di loro hanno denunciato di essere stati torturati e incarcerati.

Il 18 ottobre un profugo eritreo è stato ucciso dalla folla a Beersheva perché sospettato di essere un terrorista.

Il reportage è stato realizzato dalla fotografa francese Sarah Caron, a Tel Aviv, nell’agosto del 2015.

pubblicità