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Sylla è a capo della squadra del centro per la cura dell’ebola di Makeni, in Sierra Leone. (Daniel Jack Lyons)
Esther e Kadiatu sorvegliano i confini della comunità di Rosanda, in Sierra Leone. Il protocollo per controllare la diffusione del virus prevede un controllo degli accessi ai non residenti nella zona. (Daniel Jack Lyons)
Un anziano della comunità che è sopravvissuto all’ebola, a Gbolakai-Ta, in Liberia. (Daniel Jack Lyons)
Due donne pregano per chi non è guarito, a Gbolakai-Ta, in Liberia. (Daniel Jack Lyons)
Elton fa parte della squadra per seppellire le vittime del virus a Rosanda, in Sierra Leone. (Daniel Jack Lyons)
Due sorelle sopravvissute all’ebola, a Rosanda, in Sierra Leone. (Daniel Jack Lyons)
Un’anziana che è stata il leader della comunità durante il periodo di maggiore contagio del virus, a Rosanda, in Sierra Leone. (Daniel Jack Lyons)
Singbeh Youkhu, eletto capo dalla comunità di Gbolakai-Ta, in Liberia. (Daniel Jack Lyons)
Esther Bangura nella sua casa a Gbolakai-Ta, in Liberia. (Daniel Jack Lyons)
Una ragazza di Gbolakai-Ta, in Liberia. (Daniel Jack Lyons)

Sopravvivere all’ebola

Il 14 gennaio l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato la fine dell’epidemia di ebola nell’Africa occidentale, dopo che il virus è stato definitivamente debellato anche in Liberia. Si è trattato della più grave epidemia di ebola della storia, che ha causato almeno 11.315 morti.

I tre paesi più colpiti dal virus sono stati la Liberia (4.809 morti), la Sierra Leone (3.955 morti) e la Guinea (2.536 morti). La Banca mondiale ha valutato l’ammontare delle perdite del prodotto interno lordo (pil) per questi tre stati in 2,2 miliardi di dollari.

Tra luglio e agosto del 2015 il fotografo e ricercatore Daniel Jack Lyons ha realizzato un reportage tra i sopravvissuti al virus in Sierra Leone e Liberia. Le persone hanno raccontato le loro storie, ricordando come hanno dovuto combattere non solo la malattia, ma anche le superstizioni e i pregiudizi che le hanno spesso condannate all’isolamento e all’abbandono. Lyons ha lavorato in stretto contatto con le comunità locali, usando la tecnica del photovoice, una combinazione di fotografia e discussioni di gruppo ispirate ai movimenti di base.

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