Identità graffiate
Cosa significa essere richiedente asilo nel Regno Unito? Da questa domanda, nel 2013, è cominciato il lavoro del fotografo gallese Sam Ivin che ha svolto una ricerca partendo dal suo paese, fino a percorrere tutto il territorio britannico. Il risultato è una serie di ventotto ritratti di persone che attendono di conoscere il loro destino.
Ivin ha ascoltato le loro storie, li ha ritratti e poi è intervenuto radicalmente sulle immagini con un taglierino e della carta vetrata, raschiando via parte del volto. “Questi profughi si trovano a vivere in una sorta di limbo, costretti ad attendere notizie della loro richiesta di asilo per mesi o addirittura anni. Diventano dei lingering ghosts, delle ombre sospese”, ha spiegato il fotografo.
Graffiare l’immagine dei loro volti è il modo che Ivin ha scelto per trasmettere il senso di confusione e spaesamento che accomuna queste persone mentre aspettano di sapere cosa ne sarà di loro. Nonostante non si vedano gli occhi, riescono a mantenere una loro identità di madri, padri, figli e figlie.
Il lavoro di Ivin, realizzato grazie alla borsa di studio a Fabrica, è diventato anche un libro e, fino al 26 novembre 2016, è esposto alla galleria del Cembalo di Roma. Insieme alle foto di Ivin, la mostra Identità negate ospita anche Foibe, il lavoro della fotografa italiana Sharon Ritossa.