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Di nazionalità eritrea, è richiedente asilo da sette anni. (Sam Ivin)
Di nazionalità iraniana, è richiedente asilo da cinque anni. (Sam Ivin)
Di nazionalità srilanchese, è richiedente asilo da otto anni. (Sam Ivin)
Viene dal Jammu e Kashmir, è richiedente asilo da tre anni. (Sam Ivin)
Di nazionalità siriana, è richiedente asilo da un anno e mezzo. (Sam Ivin)
Viene dall’Azerbaigian, è richiedente asilo da 13 anni. (Sam Ivin)
Di nazionalità nigeriana, è richiedente asilo da dieci anni. (Sam Ivin)
Di nazionalità sudanese, è richiedente asilo da un anno. (Sam Ivin)

Identità graffiate

Cosa significa essere richiedente asilo nel Regno Unito? Da questa domanda, nel 2013, è cominciato il lavoro del fotografo gallese Sam Ivin che ha svolto una ricerca partendo dal suo paese, fino a percorrere tutto il territorio britannico. Il risultato è una serie di ventotto ritratti di persone che attendono di conoscere il loro destino.

Ivin ha ascoltato le loro storie, li ha ritratti e poi è intervenuto radicalmente sulle immagini con un taglierino e della carta vetrata, raschiando via parte del volto. “Questi profughi si trovano a vivere in una sorta di limbo, costretti ad attendere notizie della loro richiesta di asilo per mesi o addirittura anni. Diventano dei lingering ghosts, delle ombre sospese”, ha spiegato il fotografo.

Graffiare l’immagine dei loro volti è il modo che Ivin ha scelto per trasmettere il senso di confusione e spaesamento che accomuna queste persone mentre aspettano di sapere cosa ne sarà di loro. Nonostante non si vedano gli occhi, riescono a mantenere una loro identità di madri, padri, figli e figlie.

Il lavoro di Ivin, realizzato grazie alla borsa di studio a Fabrica, è diventato anche un libro e, fino al 26 novembre 2016, è esposto alla galleria del Cembalo di Roma. Insieme alle foto di Ivin, la mostra Identità negate ospita anche Foibe, il lavoro della fotografa italiana Sharon Ritossa.

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