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Il centro di detenzione per migranti di Zawiya, Libia, 2014. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Il centro di detenzione per migranti di Zawiya, Libia, 2014. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Empire, campo di Choucha, Tunisia, 2012-2014. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Empire, campo di Choucha, Tunisia, 2012-2014. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Empire, campo di Choucha, Tunisia, 2012-2014. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Riproduzione di un dinaro libico quando Gheddafi era al potere. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Bilateral, 2018. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)
Bilateral, 2018. (Samuel Gratacap, Galleria Les filles du calvaire)

Le vite invisibili dei migranti

Dal 2007 il fotografo francese Samuel Gratacap racconta le storie dei migranti che ha incontrato in Tunisia, Libia e Italia. Ascoltando le loro testimonianze, cerca di tracciare le strade che percorrono dall’Africa all’Europa, attraversando il Mediterraneo.

I suoi lavori si concentrano sui luoghi che segnano le rotte migratorie, come i valichi di frontiera, i campi di accoglienza, le prigioni; per Gratacap però si tratta di una ricerca che supera i luoghi fisici e rivela anche il percorso per costruirsi una nuova identità. L’interesse per la questione migratoria nasce quando è ancora uno studente alla Scuola superiore di belle arti di Marsiglia. Il suo primo lavoro è La chance, ambientato in un centro della città francese, dove vengono detenuti i migranti considerati “irregolari”; la spinta principale è comprendere meglio il sistema giudiziario e le condizioni a cui sono sottoposti i migranti che non hanno un documento di riconoscimento.

“Seguendo le notizie diffuse dai media tradizionali mi sembrava di allontanarmi sempre di più dalla realtà, con le loro immagini anonime e le testimonianze impersonali”, racconta Gratacap, dichiarando esplicitamente le sue intenzioni come fotografo: “Volevo ricercare una realtà umana, rendere visibile queste storie al di là di numeri e dati”.

La ricerca di Gratacap si estende anche allo stile, scegliendo di stare in una terra di mezzo tra arte e fotogiornalismo, rimanendo sempre concentrato sull’analisi geopolitica delle migrazioni e delle sue conseguenze sull’economia e sulle persone. I suoi progetti sono ora al centro della mostra Invisibles al museo Foam di Amsterdam, che fino al 9 settembre propone un allestimento in cui l’approccio concettuale di Gratacap è analizzato attraverso foto, video e registrazioni audio.

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