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Danish Rajab Jhat, 24 anni, Srinagar. Era seduto sul lato della strada quando una sera la polizia gli ha sparato. È stato colpito all’occhio sinistro e i pallini si sono dispersi in tutto il cranio danneggiando anche l’occhio destro, da cui riesce a vedere solo ombre. L’occhio sinistro è stato sostituito da un bulbo oculare artificiale. Nel suo corpo ci sono ancora novanta pallini. (Camillo Pasquarelli)
Shahid Ahmad Wani, 16 anni, Achabal. È stato ferito dalla polizia durante una protesta, il 2 agosto 2016. Ha ricevuto 93 colpi sul corpo e due nell’occhio sinistro. Dopo tre operazioni chirurgiche fallite può vedere solo ombre ed è stato costretto a interrompere gli studi. (Camillo Pasquarelli)
Shakeela Begum, 35 anni, Sheeri. “Una notte ho visto dei poliziotti con alcuni prigionieri. Spesso la polizia uccide le persone e poi dice che c’è stata una sparatoria, ma è falso. Sono uscita in strada urlando e uno di loro mi ha colpita con un bastone. Era un kashmiro. Gli ho dato uno schiaffo e gli ho detto che doveva vergognarsi per quello che stava facendo al suo popolo”, racconta. “Dopo una settimana durante degli scontri ho aperto il cancello di casa per vedere cosa stava succedendo. C’era anche quel poliziotto, che quando mi ha vista mi ha sparato”. Shakeela ha decine di pallini nel petto e tre negli occhi. (Camillo Pasquarelli)
Shabkal Nazir Waseem, 25 anni, Bijbehera. È stato colpito dalla polizia il giorno della festa dell’Eid, la fine del Ramadan. Le forze di sicurezza hanno fermato tutti i veicoli, incluso quello che trasportava i feriti. Lo stesso giorno altre quattro persone hanno perso la vista. Waseem è stato colpito da cento pallini sul lato superiore del corpo: due sono rimasti nell’occhio destro e due nel sinistro. La sua capacità visiva è ridotta al minimo. (Camillo Pasquarelli)
Gulzar Ahmad Mir, 30 anni, Achabal. “Ho perso l’occhio destro il giorno dopo dell’uccisione del leader separatista Burhan Wani. Non vedo più niente”. Gulzar Ahmad Mir proviene da una famiglia povera e prima dell’incidente era l’unico che lavorava. Adesso non può più andare al lavoro nei campi. (Camillo Pasquarelli)
Habid Hussain Kasab, 26 anni, Anantnag. “Io e un amico eravamo in bicicletta quando la polizia ci ha attaccato all’improvviso. Mi sono coperto subito l’occhio appena ho sentito il colpo e ho sentito il sangue che mi scendeva sul viso. Mi sono svegliato la mattina dopo in ospedale”, spiega. Habid Hussain Kasab è stato colpito due volte nell’occhio destro e ha perso quasi completamente la vista. (Camillo Pasquarelli)

La valle delle ombre

La valle del Kashmir si trova nello stato di Jammu e Kashmir, che dal 1947 è sotto l’amministrazione dell’India. Da allora, il territorio è al centro di frequenti proteste in cui i kashmiri chiedono l’indipendenza.

Nel 2010, dopo che le forze di sicurezza schierate nell’area hanno ucciso 112 manifestanti, il governo indiano, per evitare altre violenze, ha dato in dotazione alla polizia locale delle armi considerate non letali. Tra queste, i fucili a pallini, che dovrebbero essere usati da lontano e solo per colpire le parti inferiori del corpo. Un proiettile può contenere fino a cinquecento minuscoli granelli di piombo, che dopo il colpo si disperdono dappertutto.

Queste armi sono state usate nell’ultima ondata di proteste scoppiata l’8 luglio del 2016, dopo l’uccisione da parte dell’esercito indiano del leader separatista Burhan Wani, di 22 anni. Centinaia di giovani kashmiri sono scesi in strada nonostante il coprifuoco, alcuni lanciando pietre e dando fuoco alle stazioni di polizia.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2018, tra il 2016 e il 2017 diciassette persone sono morte a causa dei fucili a pallini e più di seimila sono rimaste ferite. Molte sono state colpite agli occhi restando parzialmente o completamente cieche. “Spesso le vittime non parlano per paura di ritorsioni della polizia”, spiega il fotografo Camillo Pasquarelli, che nel 2017 ne ha fotografate alcune. Accanto ai ritratti ha inserito le radiografie che mostrano i pallini ancora nel corpo di chi è stato colpito.

Il progetto di Pasquarelli, The valley of shadows, ha vinto il premio FotoLeggendo 2018 ed è al centro di una mostra, curata da Emilio d’Itri, negli spazi di Officine fotografiche a Roma, che sarà esposta dal 19 settembre all’11 ottobre.

Da sapere:

Il 5 agosto 2019, a sorpresa, il governo indiano ha fatto approvare dal parlamento la revoca dell’articolo 370 della costituzione, che da più di settant’anni garantiva al Jammu e Kashmir uno status speciale all’interno dell’unione indiana.

Anche se le autorità indiane assicurano che la situazione nello stato è tranquilla, dal giorno della revoca il Jammu e Kashmir è sotto la stretta sorveglianza delle forze di sicurezza, circa quattromila persone sono state arrestate, le comunicazioni sono state interrotte, molti negozi sono chiusi e le scuole sono vuote. La popolazione, esasperata, ha cominciato a ribellarsi.

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