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Giovane operaia ferraiola in cantiere, Forlì, 1978. (Paola Agosti)
Direttore di uno spazio espositivo, Pechino, 27 aprile 2011. (Walead Beshty, Per gentile concessione dell'artista e Regen Projects)
Dalla serie Minatori, 2000-2002. (Song Chao, Per gentile concessione di Photography of china.com)
Senza titolo, dalla serie Sesso, teatro e carnevale, 1980. (André Gelpke)
Macellai, 1950. (Irving Penn, Condé Nast)
Senza titolo, dalla serie Tracce. (Weronika Gęsicka)
Presidente di una galleria, Los Angeles, 7 dicembre 2010. (Walead Beshty, Per gentile concessione dell'artista e Regen Projects)
Vigili del fuoco, Messico, 1935. (Manuel Álvarez Bravo, Archivo Manuel Álvarez Bravo, S.C)
Senza titolo, dalla serie Dalliendorf. (Albrecht Tübke)
Mercato, Città del Messico, 1978. (Graciela Iturbide)
Il Kuwait dopo la fine della guerra del Golfo. I pozzi petroliferi continuano a bruciare, causando un massiccio disastro ecologico e una grande perdita di denaro. Compagnie di pompieri specializzati, provenienti da tutto il mondo, a lavoro per estinguere il fuoco. Nella foto, operaio della Safety Boss Company durante una pausa, 1991. (Sebastião Salgado, Salgado/AmazonasImages/Contrasto)
Fondatore nonprofit e artista, Oak Park, Illinois, 19 settembre 2008. (Walead Beshty, Per gentile concessione dell'artista e Regen Projects)

Lo specchio dell’uniforme

Il nuovo progetto espositivo della Fondazione Mast di Bologna riflette sui modi di essere e apparire nel mondo del lavoro.

Curato da Urs Stahel, si divide in due mostre. Uniform into the work/Out of the work è una grande collettiva in cui 44 fotografi, di epoche e stili differenti, raccontano come l’abbigliamento da lavoro abbia creato categorie non solo professionali ma anche sociali. Le uniformi e le divise organizzano la collettività in gruppi che determinano il ruolo di una persona all’interno della società, tralasciando la sua individualità. “La moda che psicologicamente rispecchia la vita quotidiana, le abitudini, il gusto estetico cede il passo a un abbigliamento concepito per agire in svariati ambiti professionali e svolgere una determinata azione sociale”, scrive nel 1923 l’artista costruttivista Varvara Stepanova.

Tra i fotografi esposti troviamo Irving Penn, August Sander, Manuel Álvarez Bravo, Walker Evans, Graciela Iturbide, Paola Agosti, Sebastião Salgado e Weronika Gęsicka.

Ci sono invece settori dove il concetto di uniforme è disprezzato e l’abbigliamento diventa un segno per distinguersi dagli altri: da qui parte Walead Beshty con Ritratti industriali. Per dodici anni l’artista statunitense ha fotografato in pellicola e con una macchina di piccolo formato le persone incontrate nel suo ambiente, mentre realizzava un’opera o allestiva una mostra. A Beshty non interessa far emergere l’individualità dei soggetti ma collocarli in una specifica realtà industriale, il mondo dell’arte appunto. Decide di ritrarli tutti alla stessa maniera, creando una serie che vista nel suo insieme svela come gli sforzi per apparire personali e originali rischino di essere comunque espressione di un atteggiamento conformistico.

Entrambe le mostre resteranno aperte fino al 3 maggio.

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