I geni possono spiegare perché alcuni si ammalano gravemente e altri no?
I geni possono spiegare perché alcuni si ammalano gravemente e altri no?
La 23andMe, un’azienda californiana di analisi genetiche, offrirà test gratuiti a diecimila persone ricoverate per il covid-19. Lo scopo? Contribuire alla ricerca in tempi brevi di varianti genetiche che proteggono o, al contrario, predispongono all’infezione da Sars-cov-2. Queste varianti potrebbero in parte spiegare la diversa vulnerabilità delle persone alla malattia. Alcuni pazienti finiscono in rianimazione e muoiono, mentre altri non manifestano alcun sintomo. Gli anziani e le persone con patologie croniche sono più a rischio, tuttavia sono morti di covid-19 anche dei giovani che apparentemente non avevano nessun problema di salute.
Individuare eventuali geni specifici che contribuiscono alla gravità della malattia, come avviene per altre infezioni (l’hiv, per esempio), potrebbe permettere di elaborare risposte su misura per una “epidemiologia di precisione”, scrive la rivista Mit Technology Review. Sapere in anticipo chi è più a rischio di sviluppare una forma aggressiva di covid-19 potrebbe incidere sui trattamenti e sulla tempestività del ricovero in ospedale. Inoltre lo studio genetico potrebbe essere alla base di nuove soluzioni diagnostiche e terapeutiche, ma è tutto ancora da valutare.
Altre aziende, come la russa Genotek, stanno facendo lo stesso tipo di studi. La loro ricerca si affianca a quella delle università che sono a caccia di profili genetici di pazienti covid-19 per confrontarli con le loro cartelle cliniche, spiega Andrea Ganna dell’università di Helsinki. Ganna è coordinatore del consorzio internazionale Covid-19 host genetics initiative, che raccoglie e condivide gli studi sulla relazione tra genoma dell’ospite e severità della malattia in Italia, Regno Unito e Stati Uniti. In questa stessa direzione si muove il consorzio internazionale di Gefacovid, coordinato dall’università di Roma Tor Vergata, che coinvolge atenei, istituzioni, fondazioni e aziende private, e diversi paesi europei oltre a Cina e Iran.
Alcuni studi hanno già individuato alcuni possibili geni chiave. Uno è il gene di un recettore (ace-2) che il virus usa come porta d’accesso per entrare nella cellula umana e infettarla. L’analisi preliminare di 290mila genomi ha identificato delle varianti del gene ace-2 che influiscono sulla sua interazione con il virus. Ma si tratta di mutazioni piuttosto rare. Studi ancora preliminari si sono invece concentrati su geni coinvolti nel sistema immunitario. Secondo Ganna, se non si trova un segnale davvero significativo entro un mese o poco più, la genetica non avrà un grande peso nella gestione della malattia.