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Mare

New York.

Più di settecento milioni di tonnellate (764, per la precisione): è la stima del peso di tutti gli edifici di New York, che sono 1.084.954. È equivalente a centoquaranta milioni di elefanti. Lo ha calcolato uno studio uscito a maggio sull’Earth’s Future.

Questo peso è concentrato in 778 chilometri quadrati (Roma, per fare un confronto, si estende su 1.285 chilometri quadrati), in cui vivono circa otto milioni di esseri umani. Il risultato è che la città sprofonda ogni anno di uno o due millimetri, a seconda dei punti misurati.

E a questo si deve aggiungere l’innalzamento del livello del mare, che sta accelerando a un ritmo doppio rispetto alla media globale: dal 1950 a oggi l’acqua che circonda la città è salita di 22 centimetri.

Nel 2012 New York era stata colpita dall’uragano Sandy, che aveva inondato la metropolitana e provocato blackout e danni estesi. Poi, nel 2021, è stata la volta dell’uragano Ida, che ha causato la morte di 17 persone, molte delle quali per annegamento, e danni per nove miliardi di dollari.

La previsione degli esperti è che, entro la fine del secolo, le inondazioni dovute agli eventi meteorologici estremi potrebbero essere fino a quattro volte più frequenti, a causa dell’innalzamento del livello del mare combinato con gli uragani, la cui violenza è amplificata dal cambiamento climatico. E il problema non riguarderà solo New York, ma tutte le aree costiere e fluviali, con effetti che si faranno sentire soprattutto sulle città.

Nell’ultimo anno le alluvioni hanno già colpito mezzo pianeta: dall’Australia alla Nigeria, passando per il Pakistan (che lo scorso agosto era per un terzo sommerso dall’acqua) fino all’Italia. Dobbiamo prepararci, scrivono i ricercatori.

Anche perché se continuiamo così si prevede che nei prossimi decenni la crisi climatica spingerà a migrare più di quattrocento milioni di persone che vivono nelle zone costiere, e in molti dovremo lasciare le nostre città diventate invivibili. ◆

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