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Dormire poco ed essere riposati è una questione di geni

angelo monne

Quasi tutte le associazioni di medici del mondo consigliano almeno sette ore di sonno a notte, meglio ancora otto. Ma è solo un’indicazione. Alcune persone sono perfettamente riposate dopo sei o anche solo quattro ore. Secondo un nuovo studio dell’università della California a San Francisco, possiedono dei geni che permettono di rinvigorire il corpo e il cervello con efficienza in meno tempo rispetto a tutti gli altri.

Chi è fresco come una rosa dopo appena quattro ore di sonno notturno ha il cosiddetto familial natural short sleep (Fnss, sonno breve naturale familiare). Louis Ptacek, che insegna neurologia all’università della California a San Francisco ed è il principale autore della ricerca, studia queste persone da più di dieci anni. Ricerche precedenti hanno dimostrato che l’Fnss si trasmette all’interno delle famiglie. Finora sono stati individuati cinque geni associati alla condi­zione.

La nuova ricerca di Ptacek indica che le caratteristiche genetiche del sonno breve conferiscono una resilienza psicologica e una resistenza a malattie neurodegenerative come l’alzheimer superiore alla media. È una scoperta sorprendente considerando che la patologia è stata spesso associata alla carenza di sonno. Ma queste persone sembrano invece dimostrare che la qualità del sonno sia molto più importante della quantità.

La squadra di Ptacek ha approfondito in maniera dettagliata il legame tra sonno e alzheimer allevando in laboratorio cavie che avevano sia i geni legati all’Fnss sia quelli che predispongono alla malattia. I topi coinvolti hanno sviluppato meno placche (accumuli anomali di frammenti proteici tra le cellule del sistema nervoso) e ammassi (gruppi di filamenti di un’altra proteina), entrambi considerati segni distintivi dell’alzheimer. Risultati simili sono stati ottenuti anche quando l’esperimento è stato ripetuto con cavie che avevano un gene diverso associato al sonno breve.

Effetto protettivo

“L’alzheimer è la principale causa di neurodegenerazione legata all’età, responsabile di quasi il 75 per cento dei casi di demenza”, hanno scritto gli autori dello studio sulla rivista iScience. “È una malattia estremamente complessa, la cui eziologia è caratterizzata dall’interazione di un gran numero di elementi fisiologici, genetici e ambientali. Negli ultimi decenni sono stati fatti grandi sforzi per cercare possibili cure, ma le ricerche si sono concentrate sui fattori genetici dannosi trascurando quelli preventivi. Dal nostro studio è emerso che le persone con sonno breve naturale familiare non manifestano un aumento del rischio di demenza, nonostante la minore durata del sonno, e questo sembra indicare l’effetto protettivo delle mutazioni genetiche associate”.

I disturbi del sonno sono un tratto distintivo delle malattie cerebrali. “Il sonno è un’attività complessa”, afferma Ptacek. “Per addormentarsi e svegliarsi è necessario che diverse regioni del cervello lavorino insieme. Quando queste regioni sono danneggiate è più difficile avere un sonno di qualità”. Secondo il neurologo, tutto ciò rende ancora più importante capire le basi biologiche della regolazione del sonno.

I pochi geni che Ptacek e i suoi colleghi hanno individuato finora potrebbero portare a nuovi farmaci capaci di aiutare chi ha disturbi del sonno e di ottimizzare la qualità del riposo per tutti gli altri.

“Il nostro studio inaugura un nuovo approccio su come ritardare e forse prevenire molte malattie”, dice la coautrice Ying-Hui Fu. “L’obiettivo è garantire a tutti una vita più sana e lunga grazie a una migliore qualità del sonno”. ◆ sdf

L’originale di questo articolo è uscito su Zme Science.

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