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La Catalogna verso il voto

I candidati del partito Junts pel sì a Barcellona, il 28 agosto 2015. (Matthias Oesterle, Zuma Wire/Corbis/Contrasto)

A venti giorni dalle elezioni regionali catalane, che il governo uscente vuole presentare come un plebiscito sull’indipendenza, le previsioni sul risultato sono incerte.

Secondo gli ultimi sondaggi, gli indipendentisti dovrebbero ottenere la maggioranza dei seggi, ma con un dato di astensione dal voto molto alta. Questo punto potrebbe rivelarsi politicamente decisivo.

Secondo i sondaggi Junts pel sì (Jps) e Candidatura d’unitat popular (Cup), rispettivamente la coalizione dei partiti indipendentisti e l’ala civica del movimento, dovrebbero ottenere insieme tra i 67 e i 70 seggi, con la soglia di maggioranza a 68. Tuttavia solo il 44 per cento degli aventi diritto dovrebbe andare a votare. Jps insiste sul fatto che avere la maggioranza parlamentare è sufficiente per proseguire nel cammino dell’indipendenza. Invece, per la Cup è importante che più del 50 per cento degli elettori vada a votare.

La terza forza nei sondaggi è rappresentata dai populisti conservatori di Ciutadans, contrari all’indipendenza, che potrebbero prendere tra i 25 e i 27 seggi. Mentre perdono consensi, sia i socialisti del Psc (13-14) sia i conservatori del Pp (10-11). Podemos non si presenta direttamente, ma la lista di cui fa parte (insieme a Izquierda Unida e ai Verdi), Catalunya sì que es pot, otterrebbe tra i 15 e i 17 deputati.

Il fronte degli indipendentisti è tutt’altro che unito, se si considera il disaccordo sui criteri necessari per lanciare la cosiddetta Dui, la “dichiarazione unilaterale di indipendenza”. Il governo conservatore finora ha cercato di impedire lo svolgersi di un referendum, e nei giorni scorsi ha proposto una riforma della Corte costituzionale che dia ai suoi giudici gli strumenti per punire direttamente chi viola le sue sentenze.

Ma il partito del premier Mariano Rajoy non ha presentato alcuna proposta per una soluzione politica alla crisi. Quando ancora era all’opposizione il Pp aveva presentato un ricorso alla Corte costituzionale contro il nuovo Statuto di autonomia catalano. Da questa iniziativa il fronte dell’indipendentismo aveva acquistato popolarità e ne era uscito rafforzato.

Il Pp ora teme un sorpasso a destra di Ciudadanos a pochi mesi dalle elezioni politiche, che si terranno probabilmente a dicembre. Rajoy ha chiesto ad altri capi di stato e di governo europei di dire che una secessione interna all’Europa avrebbe pesanti conseguenze.

L’ultimo avvertimento in tal senso è arrivato dal premier conservatore britannico, David Cameron, che in occasione della visita a Londra di Rajoy ha spiegato che un’ipotetica Catalogna secessionista sarebbe automaticamente fuori dall’Europa. Ma contrariamente a Rajoy, Cameron ha autorizzato un referendum sull’indipendenza della Scozia, pur se sicuro di una vittoria che alla prova dei fatti si è rivelata tuttavia di margine ben più stretto di quanto previsto. Tuttavia né a Londra né a Berlino è stato detto che l’indipendenza catalana è illegale.

Il paradosso è che si arrivi a una situazione alla quale entrambe le parti non sono preparate. Fino a quando Madrid non avrà un nuovo governo sarà difficile fare previsioni. Un’opzione di tipo federalista, difesa per esempio dai socialisti, potrebbe essere rilanciata. Questa possibilità finora non ha ricevuto un solido appoggio popolare in Catalogna, dal momento che tutte le precedenti promesse in questo senso, a partire dallo Statuto di autonomia, sono state disattese.

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