×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Rubate a Washington delle prove sulle violazioni dei diritti umani nel Salvador

Attori di fronte a un monumento dedicato alle persone scomparse durante la guerra civile nel Salvador, a San Salvador, il 26 maggio 2015. (José Cabezas, Reuters/Contrasto)

Alcuni documenti riservati sono stati rubati dall’ufficio del Center for human rights dell’università di Washington (Uwchr): erano prove di crimini commessi durante la guerra civile nel Salvador (1979–1992). L’organizzazione teme che il furto sia legato a una recente azione legale che ha intrapreso contro la Cia, appellandosi alla libertà d’informazione.

Il 2 ottobre scorso l’Uwchr ha fatto causa alla Cia per aver non avergli permesso di consultare dei documenti desecretati sul colonnello Sigifredo Ochoa Pérez, ritenuto responsabile di alcuni massacri e indagato per la sparizione di diversi bambini.

Il 20 ottobre l’Uwchr ha annunciato il furto di un computer e di un hard disk che si trovavano nell’ufficio della direttrice, l’unico da cui è stato sottratto qualcosa. L’Uwchr non esclude che si tratti di un crimine comune, ma secondo l’organizzazione la tempistica e le modalità del furto destano sospetti. Non mancavano oggetti di valore e non c’erano segni di effrazione. Nel comunicato emesso dall’organizzazione si legge: “Abbiamo il backup dei file rubati, ma non è ciò che abbiamo perso a preoccuparci di più, bensì ciò che qualcun altro potrebbe aver ottenuto: tra i documenti c’erano informazioni personali sui testimoni e sulle indagini ancora in corso”. Un portavoce della Cia ha negato qualsiasi coinvolgimento dell’agenzia di spionaggio statunitense.

Nei dispositivi rubati erano contenute le testimonianze di persone sopravvissute ai crimini commessi durante il conflitto dalla dittatura militare, sostenuta dagli Stati Uniti. Almeno 75mila persone sono morte durante la guerra. Ottomila sono scomparse e un milione ha dovuto abbandonare la propria casa. La maggior parte delle violazioni dei diritti umani sono state commesse nelle comunità rurali, contro le persone sospettate di sostenere i guerriglieri del Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale. Gli autori dei crimini hanno ricevuto l’immunità grazie a una legge del 1993: la Corte interamericana dei diritti umani l’ha dichiarata illegittima, ma questo non ha cambiato la situazione e per questa ragione le vittime sopravvissute cercano di scoprire la verità e ottenere giustizia con l’aiuto di diversi gruppi internazionali per la difesa dei diritti umani, come l’Uwchr.

Nel dicembre 2013 il gruppo dell’univesrità di Washington ha fatto richiesta alla Cia per i documenti su Sigifredo Ochoa Pérez, come già aveva fatto in altri casi. Un’indagine sul colonnello è ancora aperta in El Salvador: Ochoa Pérez è accusato di aver ordinato il massacro di Santa Cruz, in cui circa duecento civili morirono nel novembre del 1981. È anche ritenuto uno degli autori dell’uccisione di 250 persone a El Calabozo.

Non è la prima volta che dei documenti sui crimini di guerra commessi in El Salvador vengono rubati. Diversi gruppi locali di difesa dei diritti umani hanno subito furti analoghi. Nel novembre del 2013, per esempio, degli uomini armati hanno fatto irruzione negli uffici dell’associazione per i bambini scomparsi Pro Búsqueda, a San Salvador: hanno rubato dei computer e hanno cercato di bruciare i documenti che contenevano informazioni su centinaia di sparizioni coatte.

pubblicità