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Renzi da Hollande e cosa fa l’Italia dopo gli attentati di Parigi

Il presidente del consiglio Matteo Renzi e il presidente francese François Hollande durante la conferenza stampa dell’Eliseo a Parigi, il 26 novembre 2015. (Philippe Wojazer, Reuters/Contrasto)

Il presidente francese François Hollande ha ricevuto stamattina all’Eliseo il presidente del consiglio Matteo Renzi, nell’ambito delle consultazioni che la Francia sta portando avanti per ottenere sostegno militare contro lo Stato islamico (Is) dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi. Al termine dei colloqui, Hollande ha sostenuto che contro il terrorismo servono una strategia diplomatica e militare comuni e la sicurezza dev’essere rafforzata. Anche Renzi ha sottolineato la necessità di “una coalizione sempre più ampia che porti alla distruzione dello Stato islamico e del disegno atroce che esso rappresenta”.

Ma cosa significa, per l’Italia, accogliere l’appello della Francia dopo che il partner europeo ha invocato la clausola di difesa collettiva prevista dal trattato di Lisbona? Cosa farà l’Italia contro l’Is? Soprattutto, cosa sta facendo ora?

Cosa fa già l’Italia

Gli aerei. L’Italia è impegnata militarmente nell’ambito della coalizione internazionale contro lo Stato islamico da molto prima dell’appello francese. Fin dall’inizio della campagna guidata dagli Stati Uniti, ormai un anno fa, l’Italia ha destinato alle operazioni contro lo Stato islamico in Iraq quattro tornado del Sesto stormo di Ghedi, un aereo cisterna KC767, alcuni droni Predator disarmati e due ricognitori a pilotaggio remoto Reaper, che fanno tutti base in Kuwait.

  • Gli aerei da combattimento Tornado e i velivoli a pilotaggio remoto Predator fanno missioni quotidiane di intelligence, ricognizione, sorveglianza, e di acquisizione degli obiettivi (Intelligence, surveillance, target acquisition and reconnaissance o Istar).
  • L’acquisizione dell’obiettivo consiste nell’identificazione e localizzazione del bersaglio attraverso dei sensori in dotazione agli aerei, con l’obiettivo di colpirlo e distruggerlo.
  • I tornado si fermano prima di compiere l’ultima azione, che è invece portata a termine degli alleati, a cui gli italiani passano, spesso in tempo reale, il compito.
  • Il tanker KC767 rifornisce in volo tutti i velivoli della coalizione.
  • In queste attività sono impegnati circa 250 uomini e donne dell’aeronautica.

I militari. Sempre nell’ambito della missione internazionale Inherent resolve, l’Italia ha inviato personale ai comandi multinazionali in Kuwait e in Iraq (Baghdad ed Erbil), oltre ad addestratori per le forze armate e di polizia irachene. Tra forze speciali, marina, genieri e carabinieri sono impegnate in tutto 530 persone, che aumenteranno fino a 750 con i decreti in corso di rinnovo.

Cosa farà d’ora in poi

Dopo la richiesta di aiuto di Hollande, sia Renzi sia il ministro degli esteri Paolo Gentiloni hanno confermato che è esclusa qualsiasi partecipazione sul terreno con forze da combattimento. Da parte italiana sono stati quindi esclusi bombardamenti aerei contro le basi dello Stato islamico, in Iraq come in Siria, e si continua a lavorare sulla via diplomatica di una soluzione al conflitto siriano oltre che sul rafforzamento della collaborazione e coordinamento tra intelligence.

La diplomazia. L’Italia partecipa al cosiddetto “processo di Vienna” (dal nome della sede dei primi colloqui internazionali sulla Siria), in cui le diplomazie di 17 paesi sono al lavoro per gettare le basi di una transizione politica che accompagni la Siria alle elezioni. Fonti del governo fanno notare che l’Italia è impegnata per una soluzione che porti all’uscita di scena di Assad, ma in questa fase è disposta a riconoscergli un ruolo politico, anche se limitato, che eviti il rischio di “consegnare il paese ai terroristi”. Dopo le prime riunioni in Austria, entro metà dicembre si terrà una nuova riunione internazionale a Parigi in cui i partecipanti dovranno trovare un accordo su quali gruppi considerare terroristici e quali coinvolgere in questo processo di transizione.

Gli altri teatri militari. L’Italia è disposta a considerare un’ipotesi di rafforzamento della sua presenza in Libano (dove partecipa alla missione Unifil, al confine con Israele) e in altri teatri da cui la Francia potrebbe avere la necessità di disimpegnarsi, per riuscire a concentrare le sue forze nella lotta all’Is. L’Italia aspira poi a un ruolo di coordinamento diplomatico in Libia, anche se in questa fase spetta ancora alle Nazioni Unite promuovere un accordo tra le parti.

In generale, anche per motivi di costi, è più realistico che per dare il proprio contributo alla lotta contro il terrorismo l’Italia rafforzi il suo impegno negli ambiti in cui è particolarmente apprezzata, come l’intelligence, l’addestramento dei militari o l’institution building.

Tra le altre forme di intervento, il ministro della difesa Roberta Pinotti ha citato il monitoraggio della propaganda jihadista sul web, la lotta ai finanziamenti occulti, lo scambio dei risultati delle indagini e un maggiore coordinamento a livello operativo tra servizi segreti.

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