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Cosa deve fare Donald Trump per vincere le elezioni

Il candidato repubblicano Donald Trump a Manchester, New Hampshire, il 7 novembre 2016. (Evan Vucci, Ap/Ansa)

Negli ultimi dieci giorni di campagna elettorale Donald Trump ha guadagnato consensi, secondo i sondaggi, sia a livello nazionale sia a livello statale. Oggi secondo Real Clear Politics, che realizza una media degli ultimi sondaggi, Hillary Clinton ha un vantaggio di 3,2 punti su Trump, più o meno la metà del vantaggio che aveva dieci giorni fa.

Ma per il candidato repubblicano il percorso verso la vittoria resta comunque pieno di ostacoli, e Clinton è ancora favorita. Per capire perché bisogna osservare la mappa elettorale, aggiornata con gli ultimi sondaggi, e valutare la situazione stato per stato. Nella mappa in basso gli stati colorati sono quelli dove uno dei candidati è molto o abbastanza in vantaggio (blu per Clinton, rosso per Trump) e che quindi possono essere assegnati, fermo restando la possibilità di clamorosi errori nei sondaggi.

Si capisce che Clinton parte da una posizione di netto vantaggio. Entra nella Casa Bianca il candidato che conquista almeno 270 grandi elettori, e la candidata democratica parte da una base di 252, quindi gliene servono altri 18, mentre a Trump, che parte da 164, ne servono 106. Quindi l’elezione si giocherà sui nove stati dove il risultato è più incerto e che assegnano in totale 122 grandi elettori. Sulla mappa questi stati sono colorati in grigio.

Tre condizioni
Per vincere Trump deve fare tre cose. La prima: vincere negli stati che il candidato repubblicano Mitt Romney riuscì a conquistare quattro anni fa, cioè Arizona, Georgia e North Carolina. Sono tutti stati che fino a non molto tempo fa erano solidamente conservatori, ma sono stati trasformati dalla mobilitazione delle minoranze (gli elettori di origine latinoamericana in Georgia e Arizona e i neri in North Carolina), che ha spostato la politica locale un po’ più a sinistra. Se Trump dovesse perdere uno o più di questi stati le cose per lui si complicherebbero parecchio: Clinton si avvicinerebbe ulteriormente alla soglia dei 270 grandi elettori e vorrebbe dire che i repubblicani hanno perso molti consensi anche tra i loro elettori tradizionali. Secondo gli ultimi sondaggi, Trump è in vantaggio in Arizona e Georgia, mentre in North Carolina i due candidati sono appaiati.

Anche se dovesse conquistare questi tre stati, Trump avrebbe fatto solo una piccola parte del lavoro. Qui arriviamo alla seconda condizione: conquistare la Florida. Nel 2000 e nel 2004 questo stato ha di fatto consegnato la vittoria a George W. Bush, il candidato repubblicano, ma nel 2008 e nel 2012 lo stato ha votato per Barack Obama. Perdendo questo stato, Trump non avrebbe praticamente nessuna possibilità di vincere le elezioni: anche se conquistasse tutti gli altri stati in bilico si ritroverebbe comunque sotto Clinton, che con la Florida arriverebbe a 281 grandi elettori. Secondo gli ultimi sondaggi, Clinton è leggermente in vantaggio, e secondo il sito di previsioni di Nate Silver ha il 52 per cento di possibilità di vittoria.

Terza condizione per Trump: conquistare almeno tre dei cinque stati contesi rimasti. Sulla carta non è impossibile. Iowa, Michigan, Ohio e New Hampshire sono stati della cintura industriale, dove è ben rappresentato un elettorato teoricamente sensibile al messaggio di Trump: operai bianchi con un basso livello di istruzione e famiglie indignate per la crisi del settore manifatturiero che vedono con antipatia i trattati internazionali e l’immigrazione. Inoltre, in questi stati i neri e i latinos, che sono un pezzo fondamentale della base elettorale di Clinton, sono molti meno che nel sud e nell’ovest del paese. Il Nevada, invece, è uno stato con una grossa presenza ispanica (26,5 per cento della popolazione), ma dove Trump sembra avere un forte sostegno tra gli elettori bianchi.

Il problema, per il candidato repubblicano, è che tutti questi stati hanno votato per i democratici alle ultime due elezioni. Secondo i sondaggi, Trump è in vantaggio in Ohio e in Iowa, ma una vittoria lì non gli basterebbe per entrare alla Casa Bianca: vincendo questi due stati (e sommando i loro grandi elettori a quelli ottenuti vincendo Florida, Arizona, Georgia e North Carolina) arriverebbe a 259 grandi elettori, 11 meno dei 270 necessari.

Una strada in salita
Per arrivarci dovrebbe conquistare i sei grandi elettori del Nevada, i quattro del New Hampshire e un grande elettore del secondo distretto del Maine (questo stato è l’unico, insieme al Nebraska, ad attribuire i suoi grandi elettori su grandi collegi, quindi entrambi i candidati possono conquistare dei grandi elettori). Secondo gli ultimi sondaggi, Hillary Clinton è in vantaggio in tutte e tre le corse. Soprattutto in New Hampshire, dove gli ultimi tre sondaggi danno la candidata democratica in vantaggio di 2,5 e 11 punti. Se dovesse trovare chiuso anche questo percorso, a Trump resterebbe solo una possibilità: conquistare i 16 grandi elettori del Michigan.

Non è un caso se Trump ha deciso di tenere l’evento finale della sua campagna elettorale a Detroit, la più importante città dello stato. Ma i sondaggi lo danno indietro: secondo la media realizzata da Nate Silver, in Michigan Clinton è avanti di circa 4 punti, e ha il 78 per cento di possibilità di vittoria.

Per tutti questi motivi, l’8 novembre Trump ha bisogno di almeno una grossa sorpresa. Secondo i sostenitori del candidato repubblicano, la sorpresa potrebbe arrivare da Wisconsin e Pennsylvania, due stati dove nelle ultime settimane Trump ha cercato di recuperare terreno rivolgendosi ai lavoratori della classe media. Se il repubblicano riuscisse a vincere uno di questi stati potrebbe riaprire i giochi e aprirsi una strada verso la Casa Bianca, ma gli ultimi sondaggi non sono dalla sua parte: Clinton è in vantaggio di più di cinque punti in Wisconsin e di circa quattro punti in Pennsylvania.

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