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La nostalgia fa bene agli Animal Collective

Animal Collective. (Hisham Bharoocha)

Gli Animal Collective sono invecchiati. Ma questo non è un problema per la loro musica, anzi. Dopo un paio di dischi interlocutori, il gruppo di pop sperimentale statunitense è tornato in grande forma grazie a un espediente semplice: cominciare a guardarsi indietro. Time skiffs, il nuovo album della band, è una riflessione (come sempre in chiave lisergica e surreale) sul passare del tempo. Per usare una formula un po’ abusata ma calzante, è il loro “disco della maturità”. E non c’è niente di strano, visto che il gruppo, famoso soprattutto per lo splendido Merriweather post pavilion del 2009, ormai è sulle scene da vent’anni.

Le prime bozze dei nuovi brani in realtà sono nate nel 2018, scritte per un’esibizione in un parco di sculture sonore di New Orleans chiamato Music box village. Ma sono state portate a termine e registrate nel 2020, in piena pandemia, con i componenti del gruppo (Avey Tare, Panda Bear, Geologist e Deakin) isolati gli uni dagli altri. Ed è stato mixato da Marta Salogni, ingegnera del suono di Brescia emigrata a Londra che in questi anni ha lavorato con nomi come Björk, Dave Gahan e Bon Iver.

“Abbiamo lavorato completamente in remoto durante il lockdown. È stata la prima volta per noi, un’esperienza strana. Brian Weitz, Geologist, è stato per un breve periodo qui a casa mia, ma per il resto non ci siamo mai guardati negli occhi mentre registravamo i pezzi”, racconta Dave Portner, in arte Avey Tare, in collegamento su Zoom da Asheville, in North Carolina, sui monti Blue ridge. “Avevamo lavorato in questo modo anche l’ep del 2020 Bridge to quiet. Sono orgoglioso del risultato, ma non è stato divertente come quando eravamo insieme dentro una stanza. Il lato positivo è stato la lentezza, che ci ha permesso di riflettere molto su quello che stavamo facendo, anche durante la fase di mixaggio insieme a Marta, che è stata bravissima. Di solito per fare un disco abbiamo più o meno tre settimane e non c’è mai tempo per analizzare la situazione con calma. A me poi non piace riascoltare troppo le cose che sto registrando e preferisco stare il più lontano possibile dai computer e dalla post produzione, ma è stato comunque interessante sperimentare un nuovo modo di lavorare”.


Dave Portner, polistrumentista, insieme a Noah Lennox (Panda Bear) è il principale autore delle canzoni degli Animal Collective. Occhiali da vista e cappello di lana, guarda fuori dalla finestra, dalle sue parti sono le dieci del mattino. “Qui fa freddo, è arrivata anche un bel po’ di neve”, racconta prima di soffermarsi sul tema centrale di Time skiffs: “Negli ultimi due anni ho riflettuto molto su come sia cambiata la mia vita. La quarantena ha modificato la nostra percezione del tempo, e questo ha influenzato parecchio la scrittura dei testi di questo lavoro. Penso a brani come Prester John, nel quale io e Noah cantiamo ‘Treating every day as an image of a moment that’s passed’ (Trattare ogni giorno come immagine di un momento passato)”.

A questo proposito, gli chiedo di spiegarmi il titolo dell’album. “La parola skiff in inglese descrive una piccola barca da pesca. E queste canzoni sono come delle piccole imbarcazioni che trasportano chi le ascolta attraverso gli anni e la memoria, che si fanno beffe della concezione lineare del tempo. A me piace scrivere canzoni pop lunghe, quando le riascolto mi sembrano brevi. Se le scrivessi corte, mi sembrerebbero infinite”, risponde Portner, che conferma quanto la psichedelia resti una delle cifre distintive del gruppo.

A proposito di surrealismo, tra i pezzi più belli del disco c’è Cherokee, ispirato proprio ai paesaggi montuosi del North Carolina, ma anche ai tanti viaggi fatti in giro per il mondo da Avey Tare quando era in tour con gli Animal Collective. Nella canzone ci sono tacchini che volano fuori dalla finestra, persone vestite da Tom Hanks a una festa a Los Angeles e una focaccia trattata come una pietra preziosa (“And on a tour I saw focaccia treated like its jade”). Difficile pensare che quel dettaglio non sia ispirato all’Italia. Avey Tare in realtà non spiega com’è nato quel verso, ma fa un discorso più generale: “È una delle tante stranezze che ho visto in giro, che spiega in quale assurdo melting pot viviamo. Il brano racconta un mio viaggio in macchina da queste parti, ma passa in rassegna anche alcuni ricordi che mi hanno fatto riflettere su cosa significhi essere americano, ma a modo nostro: il surrealismo è da sempre la chiave che usiamo per affrontare tanti temi, soprattutto quelli seri”.


Come gli altri dischi della band, Time skiffs pesca a piene mani dalla musica statunitense degli anni sessanta e settanta, dai Grateful Dead a Brian Wilson, da sempre un punto di riferimento del gruppo, soprattutto per la sua costante ricerca di una meraviglia ipnotica e quasi infantile. Ma ci sono anche influenze meno immediate, che racconta lo stesso Avey Tare: “Invecchiando mi sento sempre più influenzato dal jazz delle big band e dalla musica statunitense degli anni quaranta. Sono cresciuto ascoltando Duke Ellington, Louis Armstrong, George Gershwin e la scena di Tin Pan Alley, come veniva chiamata l’industria musicale newyorchese tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento. Ma anche Eric Dolphy o Sun Ra sono dei punti di riferimento costante. Quel modo di scrivere un po’ artigianale mi affascina, è così diverso da quello di oggi”, spiega.

Il mondo degli Animal Collective però non è tutto fatto di nostalgia. Come recita Strung with everything, un altro dei pezzi più interessanti del disco, “It’s really new everyday”, ogni giorno è tutto nuovo. Per questo la band ha già diversi progetti per il futuro. Per esempio un disco nuovo, che non ha ancora una data d’uscita precisa. “Quando nel 2019 abbiamo scritto il materiale per Time skiffs abbiamo messo insieme più o meno 26 pezzi. Nove li abbiamo messi in questo album e ce ne siamo tenuti da parte alcuni che non volevamo registrare in isolamento, ma tutti insieme dentro una stanza. Li abbiamo finiti a dicembre del 2021. Non sappiamo ancora quando li pubblicheremo, ma c’è sicuramente del materiale per un disco lì dentro”.

E i concerti? Dobbiamo aspettarci il gruppo dalle nostre parti, prima o poi? “È un momento complicato per fare programmi. E non è facile organizzarci, visto che viviamo tutti in parti diverse degli Stati Uniti e del mondo (Panda Bear sta a Lisbona, in Portogallo) ma stiamo cercando di organizzare delle date in Europa. E penso che passeremo anche dall’Italia”, dice Avey Tare prima di salutarci. Il tempo per l’intervista è scaduto.

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