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In Libia le milizie sparano sulla rivoluzione dei poveri

Una protesta a Tripoli, Libia, 25 agosto 2020. (Nada Harib, Getty Images)

Nell’aprile del 1793 a Edimburgo, in Scozia, le crescenti tensioni per l’impiccagione pubblica di un contrabbandiere sfociarono in molteplici disordini. Il capitano della guardia cittadina John Porteous ordinò ai suoi uomini di sparare sulla folla per disperderla, provocando molti morti. Il capitano Porteous fu accusato di omicidio e condannato a morte, ma il governo di Londra interferì per influenzare la sentenza. La rabbia enorme si materializzò in una marcia di migliaia di persone dirette alla prigione di Tolbooth, dove il capitano Porteous fu trascinato fuori dalla sua cella fino al Grassmarket e linciato.

Questa storia si ripete ancora oggi con pochissime differenze quando le tensioni montano fino a esplodere (come è accaduto con le proteste di Boston scatenate dalla morte di George Floyd).

Di recente in Libia, a sei anni dall’ultima vera manifestazione a Tripoli, la popolazione ha infranto il muro della paura per protestare contro un peggioramento delle condizioni di vita, e la risposta delle autorità è stata orribile.

Le contraddizioni del ministro
Il presidente del consiglio presidenziale e primo ministro del Governo di accordo nazionale (Gna) Fayez al Sarraj è apparso in televisione rivolgendosi alla popolazione con un discorso che per la sua debolezza e confusione ha deluso tutti quanti. Le sue parole non sono state all’altezza di un primo ministro, sembravano più quelle di uno youtuber. Al Sarraj ha respinto le responsabilità e ha parlato di soluzioni teoriche senza fornire indicazioni pratiche. Non ha dimenticato di accennare in modo subdolo al diritto legittimo che le autorità hanno di perseguire i manifestanti.

Molti commentatori e difensori del Gna hanno accusato i manifestanti di essere stati pagati da agitatori esterni allo stato solo perché hanno esercitato il loro diritto a radunarsi pacificamente. Il ministro dell’interno del Gna, Fathi Bashagha, ha emanato un decreto ufficiale impegnandosi a proteggere il diritto di manifestare e a garantire la sicurezza durante le manifestazioni, eppure non è riuscito a proteggere i manifestanti quando alcune milizie armate hanno aperto più volte il fuoco sulla folla, ferendo e arrestando molti manifestanti.

Vale la pena accennare al fatto che esistono video e foto dei cecchini (che appartenevano a una milizia in teoria alle dipendenze del ministero dell’interno), ma questo non è bastato ad arrestarne nemmeno uno.

In Libia tutti lavorano con le milizie ritenendole ormai una realtà acquisita

La sparatoria ha reso i manifestanti più aggressivi e le proteste sono andate avanti tutta la notte e in molte strade sono stati incendiati degli pneumatici. Il Gna ha risposto scatenando altre forze armate che hanno battuto le strade arrestando le persone e imponendo un coprifuoco. Al Sarraj ha sostenuto il decreto e ha approvato il coprifuoco usando come scusa la diffusione del covid-19. Con un altro decreto, Al Sarraj ha sospeso Bashagha e avviato delle indagini, una decisione festeggiata con scariche a salve e fuochi d’artificio dalle milizie di Tripoli.

Bashagha ha rispettato la decisione del Gna, interrompendo la sua visita in Turchia e rientrando a Tripoli. Tuttavia le forze armate di Misurata, la sua città di origine, si sono schierate al suo fianco dirigendosi verso Tripoli in un enorme convoglio quando è rientrato dalla Turchia. Bashagha ha ricevuto un’accoglienza calorosa con una grande cerimonia in cui è apparso circondato dalla folla e dalle telecamere. Stessa accoglienza è stata riservata alle forze armate che lo hanno accompagnato in una specie di parata militare per le strade di Tripoli.

Paradossalmente la decisione del Gna sembra aver accresciuto la popolarità di Bashagha tra i manifestanti di Tripoli, e dunque non appare strano che il consiglio presidenziale abbia deciso di annullare la sospensione e consentirgli di tornare al suo incarico dopo l’espletamento di alcune formalità, tra cui la seduta a porte chiuse a cui ha partecipato assieme ad alcuni membri del consiglio. Altrettanto paradossale è il fatto che il ministero dell’interno, che critica le milizie e ne invoca lo scioglimento, si sia affidato a queste ultime per restare al potere. In Libia tutti lavorano con le milizie ritenendole ormai un dato di fatto.

Le proteste che le autorità di Tripoli sono riuscite a reprimere nella capitale ne hanno ispirate altre simili in luoghi diversi. In molte città controllate dal generale Haftar nella regione orientale della Libia ce ne sono state diverse contro la corruzione e il peggioramento delle condizioni di vita, e lo stesso sta accadendo nel sud del paese. La chiamano la “rivoluzione dei poveri”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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