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L’ira delle femministe francesi per le nuove nomine di Macron

Il nuovo ministro dell’interno francese Gérald Darmanin (al centro) visita la sede della polizia a Les Mureaux, vicino a Parigi, 7 luglio 2020. (Thomas Samson, Reuters/Contrasto)

“Più che un affronto, è una provocazione!”. Il giorno dopo l’annuncio, il 6 luglio, della composizione del nuovo governo guidato da Jean Castex, le militanti femministe non riescono ancora a crederci. Si dicono sbalordite dalla nomina di Gérald Darmanin a ministro dell’interno, nonostante le indagini in corso su di lui per stupro, e di Éric Dupond-Moretti alla giustizia.

Dopo un non luogo a procedere pronunciato nel 2018, la corte d’appello di Parigi ha effettivamente ordinato, l’11 giugno, la ripresa delle indagini su un’accusa di stupro, molestie sessuali e abuso di fiducia nei confronti di Darmanin, che risale al 2009. Il nuovo guardasigilli si è distinto invece in diverse occasioni per le sue posizioni contrarie a movimenti come #MeToo e #BalanceTonPorc.

Il 7 luglio una ventina di femministe che volevano manifestare davanti al ministero dell’interno in occasione del passaggio di consegne tra Gérald Darmanin e Christophe Castaner sono state arrestate dalla polizia. Non lontano da place Beauvau, urlavano slogan: “Darmanin dimettiti” e “Darmanin stupratore”, con in mano cartelli: “Darmanin all’interno, con le nostre denunce vi pulite il sedere”. Nel pomeriggio si è tenuta una manifestazione davanti alla chiesa della Madeleine.

La sera del 6 luglio, sulla scia dell’annuncio del governo Castex, l’entourage di Emmanuel Macron ha affermato che la denuncia contro il nuovo ministro dell’interno non costituisce un ostacolo alla sua nomina, precisando che la procedura giudiziaria si sta evolvendo “nella giusta direzione”. Il nuovo portavoce del governo, Gabriel Attal, ha dichiarato che Darmanin dovrebbe poter “beneficiare della presunzione di innocenza”. “Ci sono indagini, si stanno svolgendo e questo è normale, siamo nello stato di diritto. Ma non possiamo andare oltre e pensare che, alla fine, poiché ci sono indagini ci sono dei crimini, e quindi l’impossibilità di far parte di un governo ”, ha dichiarato nuovamente Attal. “Concordo pienamente con questa nomina, Gérald Darmanin ha diritto come tutti alla presunzione di innocenza”, ha aggiunto il primo ministro Jean Castex.

“Nominare capo della polizia francese Gérald Darmanin, un uomo accusato di stupro, e come ministro della giustizia Éric Dupond-Moretti, un noto antifemminista, è incredibile”, reagisce Céline Piques, portavoce dell’associazione Osez le féminisme!. “Sono i due rappresentanti della polizia e del sistema giudiziario, due istituzioni chiave nel percorso delle vittime di violenza sessuale”.

Le promesse di Macron
Piques ricorda con amarezza le parole di Emmanuel Macron quando andò al potere promettendo una “Repubblica esemplare”, con la promessa di fare dell’uguaglianza tra donne e uomini il grande obiettivo del suo quinquennato. La donna nominata allora responsabile dell’attuazione della politica di difesa dei diritti delle donne, Marlène Schiappa, è diventata, grazie al rimpasto, ministra con delega alla cittadinanza, sotto la guida di Gérald Darmanin.

“Sono sconvolta, è un atto di disprezzo sconcertante”, ha detto Caroline De Haas, del collettivo Nous toutes (Tutte noi). “Finora Macron ha avuto un disinteresse educato e neutrale per i diritti delle donne, ora c’è un disinteresse aggressivo e militante. Era tempo che non avevamo un governo così chiaramente antifemminista”.

Questa doppia nomina sembra un “avvertimento”, “una dichiarazione di guerra”, “un dito medio alzato”, denunciano le attiviste dichiarando il loro disgusto, come la cofondatrice del collettivo Les effrontées, Fatima Benomar.

Dalla nascita del governo molte di loro hanno pubblicato sui social network dichiarazioni del famoso penalista diventato il nuovo guardasigilli, che aveva sempre dichiarato la sua opposizione al reato di oltraggio sessista introdotto dalla cosiddetta legge Schiappa del 3 agosto 2018.

“Quella di Dupond-Moretti è la linea Deneuve, la linea che difende il diritto di importunare”, ha detto Caroline De Haas. “A trent’anni non sei una statuina incapace di dire di no a un uomo”, aveva dichiarato Dupond-Moretti durante il processo dell’ex segretario di stato Georges Tron, di cui era l’avvocato, scandalizzando le associazioni in difesa delle vittime, che lavorano per il riconoscimento del trauma psicologico associato alla violenza sessuale.

“Questo è un pessimo segnale inviato alle vittime”, dice Muriel Salmona, di Traumatic memory and victimology. Dupond-Moretti “si è messo in luce per non aver preso in considerazione l’aspetto del trauma psicologico delle vittime e per il suo atteggiamento offensivo nei confronti di quest’ultime nelle aule di tribunale”, spiega la psichiatra Muriel Salmona, presidente dell’associazione Mémoire traumatique et victimologie, che era parte civile durante il processo a Tron. Al di là di tutte le sue fragorose uscite sull’indignazione sessista, è un uomo che trasmette la cultura dello stupro. È un pessimo segnale inviato alle vittime”.

“Tre anni dopo il #MeToo, il governo sta intraprendendo un percorso che ci condanna a una marcia indietro”, hanno affermato in un comunicato congiunto diverse associazioni femministe e personalità politiche. Ricordando che in Francia “viene condannato l’1 per cento degli stupratori, il 76 per cento delle denunce di stupro viene respinto, l’82 per cento delle vittime di stupro è stato accolto male al momento della presentazione della denuncia”, e chiedendo le dimissioni dei due ministri.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Le Monde.

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