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Al fianco dei beduini

I resti di una costruzione che faceva parte del villaggio beduino di Umm al Hiran, nel sud d’Israele, il 19 gennaio 2017. (Ammar Awad, Reuters/Contrasto)

Il 18 gennaio il conduttore del radiogiornale israeliano aveva la voce solenne riservata alle tragedie nazionali. Ha annunciato “gravi scontri a Umm al Hiran” e ha detto che Ayman Oudeh, leader della Lista congiunta (sinistra e partiti arabi), era stato ferito. Sono rimasta sorpresa. Da quando il ferimento di un arabo, anche se membro della knesset, ha un impatto simile sul tono di voce di un conduttore? Tra l’altro era ovvio che era stato ferito dalla polizia israeliana.

Umm al Hiran è un villaggio beduino nel sud d’Israele. I residenti sono stati espulsi negli anni cinquanta e autorizzati a spostarsi verso est. Ma non avevano il permesso di costruire né di collegarsi alla rete idrica ed elettrica, e il loro villaggio non era riconosciuto ufficialmente. Tredici anni fa le autorità hanno deciso che avrebbero dovuto spostarsi nuovamente per fare posto a un insediamento ebraico. Vari tribunali hanno respinto gli appelli della tribù e i bulldozer stanno demolendo il villaggio proprio in questi giorni. Gli attivisti arabi ed ebrei si sono uniti all’ultima, disperata protesta degli abitanti.

Il 18 gennaio la polizia è entrata in forze nel villaggio. Gli agenti sostengono che uno dei beduini li ha investiti con l’automobile, causando la morte di uno di loro prima di essere ucciso. Secondo alcuni testimoni oculari, sono stati gli agenti a sparare per primi, facendo perdere all’uomo il controllo dell’auto. La stampa israeliana, naturalmente, riferisce solo la versione della polizia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 20 gennaio 2017 a pagina 26 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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