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L’algoritmo del falso pudore

Trang Bang, Vietnam del Sud, 8 giugno 1972. (Nick Ut, Ap/Ansa)

In tutto il mondo i mezzi d’informazione sono stati colpiti dalla censura di Facebook della celebre fotografia di Nick Ut, che mostra la piccola Kim Phuc in fuga dal suo villaggio durante un bombardamento al napalm dell’aviazione statunitense nel 1972. L’immagine è stata vietata per la politica che il social network di Mark
Zuckerberg segue contro la pedopornografia. In effetti la bambina nella foto è nuda.

Così questa immagine simbolo del fotogiornalismo, diventata parte della nostra memoria collettiva viene etichettata come “il male” a causa di un falso pudore che si vergogna di riconoscersi tale. Non è la prima volta e sicuramente non sarà l’ultima. E sappiamo bene che certe immagini che abbiamo pubblicato, anche con orgoglio, negli anni ottanta e novanta oggi sarebbero considerate problematiche se non addirittura da vietare. Ma questa volta non sono stati i cerberi pagati da Zuckerberg a svelare il misfatto. No, stavolta sono stati degli algoritmi a trovare la fotografia di una bambina nuda. E sono stati severi, come a loro tempo lo furono i censori dell’Origine del mondo del pittore Gustave Courbet, per esempio.

Ci si chiede poi se questi algoritmi sarebbero in grado di capire che anche quelle che vediamo nei nudi di Picasso sono delle vulve. Delle vulve cubiste. Tutto questo non fa che confermare un fatto: gli algoritmi sono degli idioti. Degli idioti molto pericolosi.

Questa rubrica è stata pubblicata il 23 settembre 2016 a pagina 94 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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