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Il brivido di un viaggio

Certe volte fantastico di scrivere un reportage come Viaggio in Italia di Guido Piovene, dedicato alla musica che si suona in tutte le città e i paesi di un paese trasformato, dandomi come arco temporale gli ultimi vent’anni. Per qualche bizzarra interferenza, questo libro immaginario che mi porto in testa a un certo punto si trasforma in una versione apocalittica di Our band could be your life di Michael Azerrad, quel saggio feroce e sentimentale che raccontava le band che avevano fatto davvero l’indie statunitense, senza assumersene poi la paternità su Mtv negli anni novanta, un po’ per integrità e un po’ per sfortuna.

Dico apocalittica perché queste band esistevano soprattutto grazie ai concerti e a uno scontro fisico con il pubblico che somigliava all’amore, e se dovessi immaginare oggi il loro destino, quando tutto si è ridotto a una cameretta, qualcosa scompare.


Così torna il desiderio di un viaggio in Italia, anche se a distanza, per manifestare alcune presenze: dove sono adesso le band come quelle, in quali luoghi continuano a scrivere, in quali salette respirano? Cambiate le divise e il linguaggio, le loro chitarre emo sono un relitto culturale o una consolazione per ignorare le correnti temporali? E quella fusione tra gli Stati Uniti a cui s’ispirano e l’Italia in cui suonano, ha mai inventato un altro posto, non definibile?

In attesa di scontrarsi sul palco e tornare nella colonna sonora di una città o di una provincia profonda, ecco tre canzoni: Drops, stars, givin’ up dei Beingmoved, From here on degli Smile e Teens in the fireroom dei Low Standards, High Fives.

Questo articolo è uscito sul numero 1393 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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