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Folk rock, natura e paganesimo

I Magna Carta nel 1973. (Michael Putland, Getty Images)

Electric Eden di Rob Young è un libro che parla del rapporto che il rock britannico ha sempre avuto con una certa visone pagana e vitalistica della natura. È un libro ampio e ben documentato che mi ha liberato da una serie di pregiudizi che io, ragazzo cresciuto negli anni ottanta, avevo per generi che consideravo involuti e polverosi come il progressive rock o il prog folk. Grazie a Electric Eden e a lunghe chiacchiere con amici meno prevenuti di me, ho scoperto la musica di band come i Magna Carta. Lord of the ages forse non è l’album più noto della band prog folk britannica, molti potrebbero dire che non è il più rappresentativo, eppure è uno di quegli album-mondo in cui a ogni ascolto trovi un colore diverso, una sfumatura nuova. Il pezzo che dà il titolo all’album è un racconto fantastico che sfocia in un’ambiziosa coda strumentale in perfetto stile prog, ma il resto del disco è fatto di canzoni più brevi, meravigliosamente compiute, piene di riferimenti alla musica elisabettiana, al folk celtico e perfino al calypso. Un album da salvare anche solo per la copertina di Roger Dean, il visionario maestro che, tanto per rimanere in ambito prog, inventò il logo degli Yes e i paesaggi delle loro copertine che sembravano evocare romanzi di Urania ancora tutti da scrivere.

Magna Carta
Lord of the ages
Vertigo, 1973

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