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Le vite segrete di Marianne Faithfull

Marianne Faithfull, 1994. (Bob Berg, Getty Images)

Ci sono due parole che ricorrono quando si parla di Marianne Faithfull: musa e sopravvissuta. Sono entrambi luoghi comuni perché nessuna delle due definizioni rende giustizia alla sua statura d’interprete e autrice. Marianne Faithfull è stata vista troppo spesso attraverso la lente deformante del suo passato turbolento e delle sue frequentazioni e raramente è stata descritta solo come artista.

A secret life è un suo album quasi dimenticato del 1995 nato da una collaborazione con il musicista e arrangiatore Angelo Badalamenti, compositore delle colonne sonore di Twin peaks e Velluto blu, ed è un buon esempio della complessità del suo lavoro come autrice di testi e come cantante.

I sontuosi arrangiamenti orchestrali di Badalamenti accompagnano, con un tocco di elettronica un po’ glaciale, i testi di Faithfull, tutti incentrati sulle elucubrazioni, le confessioni e i tormenti di una donna di mezza età impegnata in un bilancio della sua vita. L’album si apre con un prologo in cui Faithfull recita l’inizio della Divina commedia e annuncia di essersi persa proprio nel mezzo del cammin della sua vita. Da lì in poi ogni canzone è la miniatura di uno stato d’animo: la malinconia di Flaming september, la confessione di una relazione clandestina di Love in the afternoon e l’odio strisciante per un uomo addormentato accanto a lei (Losing).
La voce di Marianne Faithfull non è mai stata così in equilibrio tra ballata rock e parola brechtiana: in filigrana si legge il lavoro che stava facendo proprio in quel periodo sui Sette peccati capitali di Bertolt Brecht e Kurt Weill.

In A secret life Marianne Faithfull non è né la docile musa di qualcuno né una sopravvissuta che racconta per l’ennesima volta la sua storia da tabloid. È un’artista nel pieno della sua maturità.

Marianne Faithfull
A secret life
Island, 1995

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