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Uno sconosciuto Prince del Suriname

Sumy. (Bandcamp)

Il Suriname è il più piccolo paese del Sudamerica: è una ex colonia olandese, antico crocevia della tratta degli schiavi, in cui culture e lingue si mescolano da secoli. È un paese di poco più di 500mila abitanti in cui oltre alla lingua locale, il sarnan tongo, si parlano olandese, hindi, giavanese e saramaccano. Del Suriname si sa pochissimo e molti ignorano che ha una vivacissima scena musicale soul e jazz con influenze europee, africane, nordamericane e asiatiche. Nel 2012 un’etichetta olandese, la Kindred Spirits, pubblicò una compilation intitolata Surinam! che raccoglieva il meglio dei 45 giri e dei 12 pollici dance e funk usciti in quel piccolo paese tra gli anni settanta e gli anni ottanta. Tra gli sconosciuti artisti spicca un certo Sumy, con una trappola funky pop chiamata Soul with milk, un incrocio tra Rick James e il Minneapolis sound del Prince delle origini. La produzione del pezzo è al passo con quello che succedeva nei primi anni ottanta negli Stati Uniti e Sumy spicca come la vera star della raccolta.

Soul with milk è tratta da un album del 1983, intitolato Tryin to survive che Sumy aveva pubblicato in Suriname e in Olanda, un disco straordinariamente vario che mostra le sue notevoli qualità di produttore e di interprete. Di Sumy si sa poco o nulla, solo che è ancora in attività nel suo paese e che lì è una specie di star locale. O almeno lui si atteggia a tale: ha detto di essere “una superstar nata, pronto ad arrivare in cima al mondo partendo dal Suriname”. Il suo stesso nome d’arte Sumy, è una contrazione di Suriname baby e lui ha tuttora la sbruffoneria di un James Brown e l’alone di mistero di un Prince dell’estrema periferia dell’impero.

È proprio il paragone con il Prince dei primi anni ottanta a essere sconvolgente quando si ascolta Sumy: ballad come Marriage e Bitch, we danced a lot sembrano pezzi scartati da Dirty mind e Goodthingman sembra un pezzo dei Time, uno dei tanti progetti paralleli di Prince. Il funk di Sumy è tirato e tagliente, il suo uso dell’elettronica è sottile e aggiornatissimo: un pezzo come Sumy funk force sembra uscito da uno di quei mixtape dal gusto vintage di Dam-Funk.

Tryin to survive di Sumy non è solo l’album “freak” di un prodigio sconosciuto, è la scoperta di una scena musicale che, per quanto marginale e periferica, era capace di essere vibrante e al passo con i tempi.

Sumy
Tryin to survive
Galaxy Inc., 1983 / Rush Hour, 2014

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