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Il Brasile cubista di Thiago Nassif

Thiago Nassif. (Laura Wrona)

I dischi da salvare non sono necessariamente album da recuperare dalle nebbie del passato. Sono anche dischi recenti che meritavano più attenzione, lavori che sono andati persi in quella che Chris Anderson, storico direttore della rivista Wired, chiamava la “coda lunga” dei nostri consumi culturali. Nel luglio dell’anno scorso, nel periodo che in Italia abbiamo scoperto essere una sottile intercapedine tra due ondate di pandemia, per una piccola etichetta indipendente, la Gearbox Records, è uscito un sorprendente album di post rock brasiliano che in Italia è passato quasi inosservato.

Thiago Nassif è un musicista di São Paulo che vive e lavora a Rio de Janeiro e Mente (che in portoghese, come in italiano, è sia un sostantivo sia la terza persona del verbo mentire) è il suo quarto album, coprodotto dal compositore e chitarrista statunitense Arto Lindsay.

La musica di Nassif ha la caratteristica di suonare familiare a un ascoltatore di musica brasiliana rimanendo però sempre guizzante e inafferrabile. Mente è come uno di quei sogni in cui scopri che la tua casa, quella in cui sei cresciuto, ha una stanza in più di cui ignoravi l’esistenza. Ed è una stanza degli specchi in cui niente è come sembra: il tropicalismo diventa tagliente post punk, il samba si ibrida con il funk elettrico e anche la bossanova più classica e rilassata può sfarinarsi in una cacofonia di feedback e di fruscii.


Soar estranho, il pezzo che apre l’album, attacca come un funk distorto e cubista: è come se un rito candomblé avesse risvegliato David Byrne dal suo torpore di intellettuale newyorchese. La ricchezza di suoni di questo album deriva dall’interazione di due alchimisti: Arto Linsday, brasiliano di adozione, amorevolmente iconoclasta, e lo stesso Nassif, uno sperimentatore con la capacità di rimanere sempre accessibile, se non addirittura pop. Trepa Trepa apre la seconda facciata dell’album e ci porta in un mondo ancora più strano: più quieto in superficie ma pieno di fratture sottocutanee. Santa, il pezzo che chiude l’album, è un viaggio in una Bahia postumana con un testo (scritto a quattro mani con l’artista Fernanda Zerbini) che parla del superamento del binarismo di genere su un ritmo elettronico scandito dall’afoxé, uno strumento tipico della tradizione afrobrasiliana.

Mente è un album molto brasiliano ma anche molto apolide, con un piede nel tropicalismo di Tom Zé e uno nella New York primi anni ottanta della no wave e della disco mutante dei Material di Bill Laswell.

Come i pittori cubisti, attraverso quella che chiamavano “arte primitiva”, hanno imparato a guardare un oggetto o un paesaggio contemporaneamente da più punti di vista, così Thiago Nassif riesce a trasformare in un suono elettrizzante e contemporaneo il sincretismo e il multiculturalismo del Brasile ricollegandosi alla sua grande tradizione modernista e rivoluzionaria.

Thiago Nassif
Mente
Gearbox Records, 2020

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