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Donald Trump ha due piani per gestire la crisi, entrambi pericolosi

Donald Trump confronta un tampone usato per rilevare il covid-19 con due cotton fioc, durante una riunione con la task force che si occupa della lotta alla pandemia. Washington, 19 aprile 2020. (Al Drago, Reuters/Contrasto)

In una scena particolarmente intensa della serie tv Chernobyl, le autorità sovietiche scoprono che i loro robot sono troppo primitivi e inefficaci per liberare la centrale dai detriti radioattivi. Potrebbero chiedere aiuto agli Stati Uniti, che dispongono dei macchinari adatti. Ma sarebbe un’ulteriore umiliazione per un governo già in forte imbarazzo dopo un incidente che ne ha rivelato l’arretratezza e l’incompetenza. Per questo motivo scelgono di affidarsi ai “bio-robot”: le persone. Gli operai vengono costretti a sottoporsi ai livelli di radiazioni che hanno mandato in tilt i robot. Per salvare se stesso, il regime sacrifica la popolazione.

Il 16 aprile 2020, durante la conferenza stampa in cui Donald Trump ha parlato della fine del lockdown e della riapertura dell’economia nazionale, ho ripensato a quella puntata di Chernobyl. La conferenza stampa non offriva lo stesso livello di drammaticità della serie tv, e non c’è stato un momento specifico in cui il piano è stato rivelato in tutto il suo orrore. Ma le intenzioni dell’amministrazione sono sembrate comunque chiare.

L’amministrazione Trump ha messo a punto due piani per i prossimi sei mesi, e li sta mettendo in atto contemporaneamente. I due piani si rafforzano a vicenda, e ognuno può sostituire l’altro se uno dei due dovesse fallire.

Il piano A è quello che potremmo chiamare “piano Černobyl”: sacrificare una grande quantità di vite umane per ottenere un trionfo dello stato centrale. Sbloccando alcuni settori dell’economia nelle prossime settimane, Trump spera di stimolare il mercato azionario e recuperare un buon numero di posti di lavoro. Tornare a una piena attività economica entro il mese di novembre, quando ci saranno le elezioni presidenziali, è un’utopia, ma Trump confida che la tendenza economica di quel momento sarà più importante del suo andamento a lungo termine. Alcuni esempi del passato potrebbero dargli ragione.

In vista delle elezioni
Nel novembre del 1984, mentre Ronald Reagan portava avanti la campagna elettorale per la rielezione, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti era molto alto, intorno al 7,2 per cento. Tuttavia, nel corso dei mesi precedenti l’economia aveva recuperato posti di lavoro a un ritmo incoraggiante, e per questo motivo i messaggi elettorali di Reagan parlavano di una nuova “alba per l’America”: quando arrivò il momento delle elezioni il sole non era ancora sorto del tutto, ma era chiaro che il futuro sarebbe stato luminoso. Reagan stravinse. A quanto pare Trump spera che facendo ripartire adesso l’economia potrà rivendicare un successo in tempo per le presidenziali.

Davanti a questo approccio i critici hanno sottolineato che Trump non ha il potere di far ripartire l’economia statunitense. Le misure di contenimento per frenare il nuovo coronavirus sono state imposte da governatori e sindaci, non dal governo federale. Gli aerei restano a terra per mancanza di passeggeri, non per ordine del presidente. Trump non ha mai fermato l’economia, dunque, secondo i critici, non è nelle condizioni di riavviarla.

In realtà la situazione è più complessa.

Anche se Trump non ha il potere giuridico per far tornare le persone sul posto di lavoro, ha un un enorme potere sulle risorse economiche che permettono alla maggior parte degli statunitensi di non lavorare. Il sussidio da 1.200 dollari per ogni cittadino introdotto il 27 marzo non durerà a lungo, mentre l’integrazione di 600 dollari alla settimana al sussidio di disoccupazione terminerà il 31 luglio. La sospensione delle rate dei mutui prevista dalla legge del 27 marzo è condizionata, limitata e temporanea. Nella prima settimana di aprile il 31 per cento degli affittuari statunitensi non ha pagato il canone di locazione.

Questo significa che se non ci sarà un prolungamento e un rafforzamento degli aiuti federali presto gli statunitensi saranno costretti a tornare al lavoro spinti dalle necessità economiche.

Trump ha un’altra carta da giocare: i governatori repubblicani che controllano metà degli stati. Quasi tutti, finora, hanno seguito le sue indicazioni. Quando Trump dice che bisogna far ripartire l’economia, dà il via libera ai governatori repubblicani che vogliono una riapertura veloce (come Ron DeSantis in Florida) e contemporaneamente mette pressione a quelli che preferirebbero un approccio più prudente, come Mike DeWine dell’Ohio (il 20 aprile i governatori repubblicani della Georgia, del Tennessee e del South Carolina hanno presentato dei piani per riaprire le aziende).

A maggio gli Stati Uniti saranno sostanzialmente nelle stesse condizioni di marzo

Una riapertura anticipata comporterebbe un aumento dei decessi dovuti al covid-19? Quanti morti in più ci sarebbero? In queste domande c’è tutta la brutalità del piano A.

Un rilancio dell’economia a maggio sarebbe inevitabilmente parziale, perché non tutti i lavoratori avranno la stessa necessità di tornare al lavoro. Trump può facilmente costringere gli addetti delle pulizie a tornare a lavorare nelle sedi delle banche. Convincere i banchieri, invece, sarà molto più difficile. I funzionari dell’amministrazione parlano di “riapertura per fasi”. Tuttavia, se il processo inizierà a maggio, le fasi non saranno determinate dai pareri medici, ma dai numeri spietati della ricchezza e della povertà: i poveri saranno i primi, mentre i ricchi saranno gli ultimi.

Nello scenario di una riapertura anticipata e parziale le disuguaglianze sono destinate ad aumentare. Le persone che possono lavorare da casa e fare acquisti online, insieme ai dipendenti di istituzioni che fanno attenzione ai rischi sanitari, come le università, potranno minimizzare l’esposizione al virus, cosa che non succederà ai lavoratori richiamati nelle fabbriche, quelli del settore delle pulizie e chi fa consegne a domicilio. L’economia sarà ulteriormente divisa secondo le linee di classe, che diventano sempre più ampie: da una parte chi può limitare i contatti con gli altri, dall’altra chi non può farlo.

Tutto questo poteva essere evitato. Se l’amministrazione Trump non avesse fallito clamorosamente nella gestione dei test e se i repubblicani non avessero fatto a gara per prostrarsi davanti all’ego sconfinato del presidente, oggi gli Stati Uniti avrebbero la possibilità di programmare una riapertura più sicura.

E invece a maggio il paese sarà sostanzialmente nelle stesse condizioni in cui era a marzo. Le procedure per analizzare i tamponi restano lente e macchinose, il tracciamento dei contatti è quasi inesistente e le persone che torneranno al lavoro nelle prossime settimane dovranno indossare mascherine e mantenere le distanze. In tutto questo la possibilità di identificare i contagiati e isolarli è ancora lontanissima.

Una protesta organizzata da un gruppo di destra contro le misure di contenimento a Lansing, in Michigan, il 15 aprile 2020.

I sostenitori di Trump sono consapevoli che la riapertura dell’economia a maggio farà aumentare in modo significativo i contagi e le morti, e dicono che non hanno problemi a esporsi personalmente a questi rischi. Il 25 marzo il giornalista televisivo Glenn Beck ha dichiarato: “Preferirei che i miei figli restassero a casa mentre noi ultracinquantenni teniamo in piedi l’economia lavorando, anche a costo di ammalarci. Preferirei morire piuttosto che uccidere il mio paese”. Mentre pronunciava queste parole, Beck era nello studio di casa sua. Il giorno prima Dan Patrick, vicegovernatore del Texas, aveva lanciato un messaggio simile su Fox News: “Torniamo al lavoro, torniamo alla vita e facciamolo in modo intelligente. Quelli come me, ultrasettantenni, sapranno cavarsela da soli”.

Ma nella vita reale il sacrificio avrà un impatto molto diverso. Il covid-19 non colpisce tutti nello stesso modo. Il 17 aprile una ricerca di American Public Media ha rivelato che il 27 per cento delle vittime del Sars-cov-2 è composto da afroamericani, che rappresentano appena il 12 per cento della popolazione. Anche i dipendenti dei supermercati sono particolarmente colpiti. Secondo un articolo del Washington Post, fino al 12 aprile i decessi tra le persone che fanno questo lavoro sono stati 41, con migliaia di contagiati.

Grazie al blocco imposto a marzo nella maggior parte degli stati, all’inizio di maggio le vittime quotidiane dovrebbero scendere sotto quota mille, mentre a metà aprile erano più di duemila. Se il blocco verrà mantenuto, a maggio il numero di decessi quotidiani potrebbe essere inferiore a cento.

Persone sacrificabili
Ma concentrarsi sulla curva della mortalità significa fraintendere quello che stanno dicendo Trump e i suoi sostenitori. Il calcolo politico del piano A non si basa sulla riduzione del numero di vittime, ma sulla possibilità di far morire solo le persone considerate sacrificabili.

In questo senso è particolarmente significativo il caso del South Dakota, dove la governatrice Kristi Noem si è rifiutata di ordinare misure di confinamento domiciliare sottolineando la bassa densità della popolazione dello stato e dichiarando che “il South Dakota non è New York”. Pochi giorni dopo è esploso un focolaio in uno stabilimento dove si lavora la carne di maiale a Sioux Falls, con 634 contagi tra i dipendenti e altre centinaia tra i loro parenti e conoscenti. La notizia non ha modificato l’approccio di Noem. D’altronde la manodopera della fabbrica “è composta soprattutto da immigrati e profughi provenienti da paesi come Birmania, Etiopia, Nepal, Congo e Salvador”. Non esattamente la base elettorale dei repubblicani.

Ma cosa accadrebbe se il calcolo dietro il piano A dovesse rivelarsi errato e la riapertura dovesse portare un aumento dei decessi politicamente pericoloso per Trump? È qui che entra in scena il piano B: una guerra aperta contro i governatori e gli stati democratici.

Il 16 aprile Trump ha scritto su Twitter “Liberate il Michigan”, sostenendo i manifestanti che avevano bloccato il traffico intorno al parlamento di Lansing, la capitale dello stato. Secondo un sondaggio di Pew, finora la maggioranza della popolazione è favorevole al lockdown, e le persone preoccupate da una cancellazione prematura delle limitazioni sono il doppio rispetto a quelle che temono una riapertura tardiva.

Fox News sta facendo la sua parte, visto che fa di tutto per mostrare le proteste come un movimento nazionale

Davanti a questa evidente opposizione al volere del presidente, i sostenitori di Trump stanno protestando in modo aggressivo e chiassoso nella speranza che le telecamere sorvolino sull’estremismo dei partecipanti (si vedono simboli di gruppi no-vax, paramilitari e nostalgici della confederazione) e sul fatto che sono pochissimi. Le persone scese in strada a Lansing hanno usato le automobili per bloccare ambulanze e brandito armi da fuoco sulla scalinata del parlamento locale. Giorni dopo le loro gesta sono state emulate in California e in North Carolina. In nessuna manifestazione c’erano più di cento persone.

Fox News, l’emittente tv più potente del paese, sta facendo la sua parte, visto che fa di tutto per far apparire le proteste come un movimento nazionale.

In questa situazione Trump vince in ogni caso: o riesce a barattare la vita delle persone in cambio della ripresa economica, oppure ottiene uno scontro di civiltà in diretta tv per distrarre gli elettori dai problemi che lui stesso ha aggravato con la sua palese negligenza.

Le deprecabili decisioni di Donald Trump hanno inflitto una punizione durissima agli americani. Il piano A sfrutta il dolore di questa punizione per giustificare altre decisioni deprecabili. Il piano B, invece, usa il dolore per indirizzare l’odio verso gli oppositori politici.

In questo momento gli strumenti dello stato che dovrebbero servire a proteggere la popolazione vengono usati dall’amministrazione per proteggere il presidente.

Il 17 aprile Bloomberg ha riferito che i fondi per sostenere le piccole imprese vengono incanalati in modo sproporzionato verso gli stati governati dai repubblicani. In South Carolina è stato approvato il 56 per cento delle richieste da parte delle piccole imprese, in Texas il 58 per cento, nello Utah il 66 per cento, in Kentucky il 69 per cento, in Kansas il 79 per cento e in Nebraska l’82 per cento. Nello stato di Washington, governato dai democratici, la percentuale si è fermata al 44,6 per cento, nello stato di New York al 40,1 per cento e in California al 38,4 per cento.

Gli Stati Uniti non possono aspettare la scoperta e la distribuzione di un vaccino per far ripartire l’economia. Tuttavia, il compito dei politici dovrebbe essere quello di distribuire equamente i rischi e i benefici legati alla riapertura. Invece Trump sta cercando di mettere gli statunitensi gli uni contro gli altri, creando un clima di rancore e risentimento. Nella pandemia, così come nei momenti di prosperità, la strategia di Trump è la stessa: punire gli oppositori e premiare gli amici, accusare le vittime e proteggere i colpevoli, rivendicare i meriti e negare qualsiasi responsabilità, difendere le classi privilegiate e sacrificare tutti gli altri.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito su The Atlantic.

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