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Bene o male la legge è fatta

Ah le leggi, quelle per onorare le quali Socrate sorseggiò cicuta. Oggi sorprende che tutte le forze (ma forse bisognerebbe dire tutte le debolezze) politiche, dopo aver cincischiato svogliatamente per un tempo infinito, sembrano dire: presto, facciamo una legge elettorale come va va, mettiamole la solita desinenza in -um e andiamo a votare. Eppure la legge elettorale non è una bazzecola ma la garanzia che il rito democratico si celebri al meglio.

L’esercizio del voto non può prescindere dal modo secondo cui lo si regola. Siamo arrivati al punto che l’essenziale è dire: bene o male è fatta? Forse sì. Ma non solo con la legge elettorale, piuttosto con le leggi. Tanto a rimetterci le mani aggiungendo disordine a disordine, discredito a discredito, sofferenze a sofferenze c’è sempre tempo. E se anche in questo caso viene fuori una cosa arruffona (vedremo) come ormai è consuetudine – un pasticcio pieno di trucchetti per far fuori quello e privilegiare quell’altro e lavorare di percentuali e ammucchiarsi secondo il bisogno – pazienza, ormai ci siamo abituati.

Certo, le leggi frettolose non rinsaldano la fiducia nella democrazia. Certo, una cattiva legge elettorale comporterà un’ulteriore svalutazione delle procedure democratiche. Ma pare che ci sia un tempo per perdere tempo e un tempo per andare di corsa. Quanto alla cicuta, chi fa leggi sgangherate non ne ha mai bevuta.

Questa rubrica è stata pubblicata il 1 giugno 2017 a pagina 12 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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