Stracci colorati
Con le nazioni non si sa come metterla. Un giorno diciamo che si sono indebolite, il giorno seguente che sono più robuste che mai. A sinistra una volta si era tutti fieramente nemici dell’idea di nazione che – si sa – faceva parte delle molte masserizie borghesi del tutto estranee al proletariato. Ai borghesi dunque la bandiera nazionale e ai proletari di tutto il mondo la bandiera rossa.
Poi è passato il tempo, si è cominciato a distinguere tra nazionalismo e nazione, si è passati a dire che la nazione è una cosa seria – sono in ballo nascita, lingua, sapori, odori, memorie, eccetera – e liquidarla in quattro e quattr’otto, oltre che un grave errore politico, è una sciocchezza. Così la sovversiva bandiera rossa ha piano piano ceduto. E anche quella europea, tutt’altro che sovversiva, non se la passa bene. Solo le bandiere nazionali seguitano a garrire, ma attenzione: lo fanno artificialmente, con l’aiuto delle polizie e casomai dell’esercito. Perché anche quei vessilli sono in difficoltà, visto che a loro volta sventolano su tante piccole e piccolissime nazioni o campanili che detestano la nazione con la enne maiuscola e da sempre si detestano tra loro.
Insomma, il mondo al solito è confuso. E tutti non vedono l’ora di far chiarezza correndo dietro a stracci colorati e suonandosele, come sempre, di santa ragione senza nessun giovamento per il genere umano.
Questa rubrica è stata pubblicata il 3 novembre 2017 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati