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Una guerra preventiva lungo il valico del Brennero

La stazione di Gries am Brenner, in Tirolo, Austria, il 15 giugno 2018. (Michaela Rehle, Reuters/Contrasto)

Chi come me abita in Sud Tirolo ha imparato a convivere con gli allarmismi dei mezzi d’informazione sulla chiusura del Brennero, sui fantomatici carri armati austriaci e i presunti rastrellamenti notturni contro i migranti.

Nella più recente diatriba austro-bavarese tra il ministro dell’interno tedesco Horst Seehofer e il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ci sono tutti gli ingredienti di un nuovo conflitto sulla blindatura dei confini. Per giudicare gli avvenimenti dei giorni scorsi in Germania, un esperto di psichiatria sarebbe forse più adeguato di un osservatore politico.

Ne è stato protagonista Seehofer, che prima si è dimesso per protesta contro la cancelliera Angela Merkel e poi ha ritirato le dimissioni il giorno dopo. In vista delle elezioni in Baviera l’esponente dei cristianosociali ha obbligato la coalizione a prevedere centri di transito lungo i confini tra la Germania e l’Austria dove radunare i migranti già registrati per rispedirli nei paesi di primo ingresso. Seehofer, così, non solo ha destabilizzato il governo Merkel e turbato la tradizionale alleanza con gli alleati della democrazia cristiana, ma ha provocato un aspro conflitto con la vicina Austria, dove il cancelliere Sebastian Kurz ha risposto picche.

Tentativo di mediazione
È una guerra alquanto surreale tra due popolari di destra cattolici che sono in prima linea per combattere i flussi migratori. Kurz da parte sua ha minacciato la chiusura della frontiera con la Baviera: “Se il governo tedesco dovesse introdurre questi centri, l’Austria sarà costretta a reagire per difendere i propri confini”.

Gli austriaci si presentano come vittime dell’ingombrante vicino. Perfino l’ex cancelliere socialista Christian Kern si associa alle critiche: “Non possiamo permettere che la Germania risolva i suoi conflitti interni a spese dell’Austria”. Seehofer il 5 luglio si recherà a Vienna per un tentativo di mediazione. Ma il ministro dell’interno austriaco Herbert Kickl stronca ogni speranza di successo: “Non ci saranno cambiamenti rilevanti nei prossimi mesi”.

Rafforzato dalla presidenza semestrale dell’Unione europea, il governo viennese fa di tutto per mostrare una linea dura. Solo due settimane fa, in un’esercitazione a Spielfeld, sulla frontiera slovena, 500 poliziotti e 220 soldati austriaci con l’aiuto di blindati ed elicotteri hanno respinto un finto gruppo di immigrati formato da allievi della scuola di polizia. Le abbondanti immagini televisive dovevano rassicurare la popolazione e stroncare ogni dubbio sul decisionismo dei ministri della difesa e dell’interno.

Anche se il Brennero per ora non è toccato dalla diatriba austro-bavarese, riaffiorano le paure sul ritorno di severi controlli al varco italo-austriaco. Che al ministro dell’interno Matteo Salvini non dispiacerebbero affatto: “Se l’Austria farà i controlli al Brennero, noi faremo altrettanto e ci guadagneremo pure perché sono molti di più quelli che vengono da noi di quelli che se ne vanno”. Diversa la posizione del ministro degli esteri Enzo Moavero: “Una chiusura andrebbe contro lo spirito del Consiglio europeo per una gestione comune dell’immigrazione”.

Il sogno dell’era Schengen sembra minacciato da misure sempre più restrittive

I due governatori delle regioni confinanti affermano che non ci sono emergenze. “Al Brennero abbiamo tutto sotto controllo”, assicura il governatore del Tirolo Günther Platter: “Ci sono 180 poliziotti e cento soldati che pattugliano il territorio, i veicoli e i treni merci”. Fino a giugno sono state fermate 2.410 persone che cercavano di varcare il confine. L’anno scorso erano state più di tremila, e le richieste d’asilo sono più che dimezzate passando da 538 a 231. Anche il presidente della provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, definisce la situazione come “assolutamente tranquilla”.

E Franz Kompatscher, sindaco del comune di Brennero, è d’accordo: “Non abbiamo mai avuto un numero così basso di migranti”. D’altronde la spesso sbandierata “chiusura del Brennero” sarebbe un’impresa assai ardua: come si fa a chiudere una frontiera varcata da 15 milioni di veicoli all’anno?

È più che ovvio che quello del Brennero è un confine ad altissimo valore simbolico, dove il 1 aprile 1998 i ministri dell’interno austriaco (Karl Schlögl) e italiano (Giorgio Napolitano) avevano tolto davanti a un folto gruppo di fotografi le barriere di confine. Il sogno dell’era Schengen cominciato allora sembra minacciato da misure sempre più restrittive.

Ma è molto probabile che l’agitazione sulla proposta di Seehofer si sgonfierà presto. Perché i socialdemocratici alleati di Merkel non sono disposti a votarla senza modifiche essenziali. Quella scatenata da Kurz si rivela quindi come una specie di guerra preventiva destinata a rafforzare la sua immagine di duro e puro.

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