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Eris è la sorella minore di Ares, figlia di Era e di Zeus. Omero la descrive come “una piccola cosa, all’inizio” che cresce fino ad “avanzare a grandi falcate sulla terra, con la testa che giunge a colpire i cieli”, seminando l’odio tra gli esseri umani. È la dea della discordia. Ed è a lei che si è ispirato il blogger svedese John Nerst quando ha coniato la parola “erisologia”: lo studio di come litighiamo, soprattutto online.

La scienza del disaccordo si occupa in particolare del disaccordo improduttivo, quello in cui alla fine di una discussione le persone non sono più vicine alla comprensione reciproca di quanto lo fossero all’inizio. Quando questo succede di solito significa che lo scambio di opinioni è avvenuto in modo aggressivo e inutilmente conflittuale. Studiando l’erisologia ci si imbatte nel decoupling, il disaccoppiamento: il tentativo di rimuovere da un’affermazione ogni elemento estraneo per concentrarsi sull’affermazione in sé. “Una volta che scopri la parola decoupling”, dice Jesse Singal sull’Atlantic, “riesci a individuare tutte le situazioni in cui in effetti la discussione non è più su X, ma su Y o su Z”.

Intervistata sull’Atlantic, la scienziata politica Emily Thorson non pensa che l’idea di Nerst sia una grande novità e sostiene che il modo aggressivo di discutere, specialmente online, è solo il sintomo di questioni di fondo, come il razzismo e la misoginia, e che faremmo meglio a occuparci di questo più che di erisologia. Quando una discussione deraglia, spiega Thorson, è spesso per il bisogno di affermare, o difendere, la propria identità. Neppure Samara Klar, anche lei scienziata politica, è d’accordo con Nerst, e nota un fenomeno opposto a quello descritto dal blogger svedese: sempre più spesso le persone sono stufe delle discussioni infuocate, su Twitter o su Facebook, e cercano di starne alla larga. Mettersi d’accordo è difficile perfino parlando dello studio del disaccordo.

Questo articolo è uscito nel numero 1303 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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