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Il re dei pirati

David Graeber a Milano, 2012. (Flavio Lo Scalzo, Agf)

David Graeber
L’utopia pirata di Libertalia
Elèuthera, 213 pagine,17 euro

L’ultimo libro di David Graeber è davvero una piccola ma utilissima sintesi del suo modo di intendere la ricerca. In più, come gli altri suoi lavori, è una lettura appassionante. Tratta delle “repubbliche pirate” fondate sulla costa settentrionale del Madagascar tra seicento e settecento, di cui si parlò molto, all’epoca, in Europa. In molti casi i racconti relativi a queste formazioni politiche furono esagerati o addirittura inventati, ma, secondo Graeber, si basavano su effettive esperienze politiche, organizzate da bucanieri dei Caraibi che si erano stabiliti sull’isola e che, in modo più o meno consapevole, vollero ingannare gli ambasciatori europei lasciandogli credere che degli stati potenti e pericolosi stavano prendendo piede.

Ricostruendo tra mito e realtà queste vicende l’autore fa emergere un innovativo esperimento di organizzazione collettiva che intendeva riconoscere la partecipazione di tutti, comprese le donne, e che per questo può essere qualificato come proto-illuminista. Così Graeber dà conto del fertilissimo clima intellettuale dell’inizio del settecento nel quale colloca l’incontro, avvenuto appunto in Madagascar, tra esuli politici di vario tipo e abitanti locali. E descrive un sistema pensato fin dall’inizio per impressionare gli europei e per questo capace d’illuminare il carattere intrinsecamente “posticcio” di ogni rappresentazione politica.

Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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