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La foresta della civiltà raccontata da Jack London

Jack London, Il richiamo della foresta
Bompiani, 138 pagine, 10 euro
L’occasione di questa segnalazione è la nuova, sfolgorante traduzione che del capolavoro londoniano ci offre Michele Mari. Il richiamo della foresta è nell’originale The call of the wild, e non è mai stato facile trovare in italiano l’equivalente di wild e wilderness (la natura? la vita selvaggia?) poiché tanti e complessi sono i loro significati: meglio dunque attenersi alla vecchia traduzione che gira l’Italia da più di un secolo e che ha avuto milioni di lettori piccoli e grandi.

Scritto nel 1903, il libro racconta il ritorno all’ancestrale e al selvaggio, al mondo dei lupi, di un cane civilizzato e meridionale che, rapito e venduto, si ritrova tra le gelide nevi del Klondike e tra cercatori d’oro e altra brutale umanità, trovandoci però l’amore di un essere umano che sa capirlo e che farà una brutta fine. È l’opera più perfetta scritta da un autore imperfetto, interessato alla vita più che alla scrittura (gli altri suoi libri più attuali che mai, per motivi diversi, e più belli sono Martin Eden, Il tallone di ferro, Il popolo dell’abisso).

In tempi come i nostri, che hanno visto il fallimento di ogni utopia guaritrice e di ogni fiducia nella civiltà e la vittoria di Darwin su Marx e di Jung su Freud, Il richiamo è un libro ancora da discutere e, per questo, ancora un po’ spaventoso. Ma affascinante come quando lo si è letto da ragazzi la prima volta.

Questa rubrica è stata pubblicata il 11 settembre 2015 a pagina 82 di Internazionale, con il titolo “La foresta della civiltà”. Compra questo numero | Abbonati

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