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Vivere nella paura sarebbe la vittoria del terrorismo

Candele e fiori per le vittime dell’attacco sulle Ramblas a Barcellona, il 22 agosto 2017. (Manu Fernandez, Ap/Ansa)

Londra, 22 marzo: cinque morti. Stoccolma, 7 aprile: altri cinque morti. Manchester, 22 maggio: 22 morti. Ancora Londra, 3 giugno, stavolta sul London Bridge: otto morti. Barcellona, 17 agosto: 15 morti. Cinque attentati in Europa negli ultimi sei mesi, quasi tutti (tranne quello di Manchester) eseguiti utilizzando un furgone in affitto. È ancora sicuro viaggiare in Europa?

Naturalmente no. Ma nessun luogo è sicuro per vivere. Puoi essere ucciso da un veicolo guidato da qualcuno che non è un terrorista, o cadere dalle scale, o perfino affogare nella vasca da bagno. In realtà è molto più probabile morire per questi motivi che a causa di un attacco terroristico, a prescindere dal luogo del mondo in cui vivi. Ma in questi casi la tua morte non conquisterà le prime pagine dei giornali.

L’unico luogo al mondo in cui il terrorismo islamico è una minaccia reale per la vita delle persone è il Medio Oriente (incluso il Pakistan). In molti paesi a maggioranza musulmana è in corso una sorta di guerra civile tra i modernizzatori e i conservatori, e la minaccia terrorista per i comuni cittadini è dieci o venti volte superiore rispetto all’occidente. Ma anche in quelle aree il pericolo è nettamente minore di quanto sembri.

Ciò che fa apparire “enorme” la minaccia terroristica in occidente è la naturale tendenza umana a subire il fascino della violenza. I mezzi d’informazione conoscono il loro pubblico, e non resistono alla tentazione di soddisfare il suo appetito: è per questo che ogni settimana migliaia di personaggi di fantasia muoiono violentemente in tv e al cinema.

La violenza reale è ancora più affascinante, soprattutto se esiste la possibilità, per quanto remota, che possa colpire il lettore o l’ascoltatore. Di riflesso, i mezzi di comunicazione ingigantiscono la minaccia, e per chiunque non comprenda le statistiche (ovvero quasi tutti) il terrorismo comincia a sembrare una minaccia terrificante.

Suicidio politico
Non c’è modo di evitare questa deriva senza imporre un controllo ai mezzi d’informazione, e onestamente non vale la pena farlo, quindi dobbiamo imparare a convivere con l’hype mediatico. Dovremmo anche convivere con il terrorismo, ma esprimere questo concetto in pubblico è considerato una sorta di suicidio politico.

È per questo che Donald Trump ha pensato di poter screditare il sindaco di Londra, Sadiq Khan, dopo l’attentato del London Bridge scrivendo su Twitter: “Almeno 7 morti e 48 feriti in un attacco terroristico e il sindaco di Londra dice che ‘non c’è motivo di allarmarsi’!”.

Trump ha deliberatamente distorto il messaggio: Khan aveva in realtà invitato i londinesi a non sentirsi allarmati “dall’aumento della presenza della polizia”. Ma il sindaco non avrebbe avuto torto nemmeno se avesse detto ai londinesi di non farsi prendere dal panico a causa di uno sporadico attentato terroristico. Come gran parte dei londinesi, anche Khan sa benissimo che gli attacchi si ripeteranno ancora per un po’ di tempo e che non faranno troppi danni.

La risposta migliore al terrorismo è quella di mantenere la calma e andare avanti

Dopo tutto è ovvio che non resteremo a corto di estremisti islamici nel futuro prossimo e che i servizi di sicurezza non possono impedire agli aspiranti terroristi di procurarsi un furgone (o un coltello). Probabilmente nel prossimo decennio ci saranno ancora molti attacchi non tecnologici.

Non fatevi prendere dal panico. L’intera Unione europea ha perso 62 vite umane negli attentati di quest’anno, ovvero una persona ogni otto milioni. Questo rapporto è ancora più basso negli Stati Uniti: undici vittime in quattro attentati dall’inizio dell’anno, un quarto rispetto alle persone che muoiono ogni giorno per omicidio.

La risposta migliore al terrorismo non tecnologico in ogni paese occidentale è quella di mantenere la calma e andare avanti, pur sapendo che gli attentati si ripeteranno fino a quando l’attuale generazione di jihadisti invecchierà (il ricambio generazionale è ciò che solitamente mette fine alle tendenze ideologiche).

Nel frattempo la priorità è quella di non aggredire le comunità musulmane dell’occidente, perché non è giusto incolpare milioni di persone per le azioni di poche centinaia di giovani che vogliono attirare l’attenzione, ma anche perché è esattamente quello che i propagandisti del gruppo Stato islamico vogliono ottenere.

Dieci o quindici anni fa, gli attentati islamisti nei paesi occidentali avevano un obiettivo preciso: convincere l’occidente a invadere i paesi musulmani radicalizzando la popolazione e spingendola tra le braccia dei rivoluzionari islamisti. L’obiettivo finale di quei rivoluzionari era di assumere il controllo dei loro paesi, non di “mettere in ginocchio l’occidente”.

Ormai quella partita si è conclusa. Oggi gli islamisti non possono più sperare che l’occidente si lanci in altre invasioni su larga scala. Ma allora perché continuano a incoraggiare gli attentati in occidente?

Perché costa poco, serve a promuovere il marchio e, nel migliore dei casi, può scatenare un conflitto interno nei paesi occidentali con una grande presenza musulmana. Finora, grazie alla lucidità delle comunità maggioritarie e della minoranza musulmana, questo pericolo è stato scongiurato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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