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Il presidente sudafricano sopravvive a ogni accusa

Sostenitrici di Cyril Ramaphosa a Johannesburg, 5 dicembre 2022. (Sumaya Hisham, Reuters/Contrasto)

“Non avete un divano imbottito di soldi? Non preoccupatevi, potete continuare a leggere gratis”, recita una pubblicità sul sito del Daily Maverick, un settimanale sudafricano inflessibile e a volte molto divertente. Il divano imbottito di contanti del presidente Cyril Ramaphosa è diventato un meme potente e universalmente riconosciuto, ma ancora non lo ha fatto cadere.

Ramaphosa era noto come Mr Clean, e si pensava che fosse così ricco da non aver bisogno di rubare. La missione che si è prefissato, portandola a termine nel 2017, era quella di spodestare il precedente presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, e di fare piazza pulita della corruzione.

Zuma e i suoi compari erano spettacolarmente corrotti e avevano trasformato l’apparato di governo in un distributore di denaro per loro stessi, una dinamica che aveva preso il nome di “sequestro dello stato”. Anche il partito African national congress (Anc), che ha guidato la lotta di liberazione e da allora è al potere, sapeva che si era spinto troppo oltre. E per questo ha votato contro Zuma e a favore di Ramaphosa.

Nessuno può diventare miliardario (nemmeno in rand sudafricani) senza fare qualche economia, ma Ramaphosa aveva il sostegno della comunità imprenditoriale sudafricana, che era soffocata dalla corruzione. Era anche visto come l’ultima e più fulgida speranza dalle residue sezioni non corrotte dell’Anc, che ha visto i suoi voti calare vertiginosamente nelle ultime elezioni.

Un furto sospetto
Arrivato al potere, ha agito contro alcuni singoli individui corrotti, ma non c’è stata la pulizia decisiva, all’interno del partito, che i suoi sostenitori avevano sperato. La fazione di Zuma, radicata principalmente nella provincia a maggioranza zulu del KwaZulu Natal, ha continuato a ricoprire incarichi di rilievo e a influenzare la politica, e a cinque anni di distanza Ramaphosa è percepito da molti come una delusione.

Una delusione, ma almeno non un truffatore, per cui, in mancanza di un candidato migliore, era ancora considerato un candidato sicuro per la rielezione a presidente dell’Anc

Eppure di mezzo c’era l’affare del divano imbottito. Lo scorso giugno un uomo vicino a Zuma ha denunciato alla magistratura un furto avvenuto due anni fa: si trattava di una cifra compresa tra i quattrocentomila e i quattro milioni di dollari che erano nascosti all’interno dello schienale di un divano nella fattoria di Ramaphosa, nel nord del Sudafrica.

Questi non aveva denunciato il furto, come era tenuto a fare per legge. Ha invece inviato il capo della sua guardia del corpo in Namibia per recuperare il denaro rubato, senza dire niente. Forse quel denaro non era frutto di corruzione ma Ramaphosa, come minimo, ha nascosto del denaro che avrebbe dovuto denunciare e su cui avrebbe dovuto pagare le tasse.

Un tempo l’Anc era venerato come il modello ideale di movimento di liberazione africano; oggi è un pozzo nero

Pur avendo perso il titolo di Mr Clean, il 19 dicembre Ramaphosa è stato comunque scelto nuovamente come leader del partito e candidato alla presidenza per il 2024 al congresso nazionale dell’Anc, soprattutto a causa della mancanza di candidati più plausibili. Ma c’è mancato poco: Ramaphosa ha ottenuto 2.476 voti, mentre il candidato filo-corruzione e filo-Zuma, Zweli Mkhize, ne ha presi 1.897.

Come siamo arrivati a tutto questo? Un tempo l’Anc era venerato come il modello ideale di movimento di liberazione africano; oggi è un pozzo nero.

Circa sette anni fa, quando il marciume era già molto avanzato, un amico di un amico mi offrì una risposta.

Si tratta di una persona che ha lavorato per l’Anc per la maggior parte della sua vita adulta e mi ha detto che se avesse saputo, nel 1984, come si sarebbe presentato il Sudafrica oggi, sarebbe stato estasiato. L’apartheid stava entrando nella sua ultima e più violenta fase e le speranze erano molto limitate.

Ma se questa domanda gli fosse stata posta dieci anni dopo, nel 1994 – quando l’apartheid finì, il paese organizzò le sue prime elezioni libere e Nelson Mandela divenne presidente – si sarebbe disperato. Come è stato possibile che tutte quelle grandi speranze e quelle buone intenzioni si siano trasformate in un pozzo nero?

Il succo del suo ragionamento era che il futuro Sudafrica, che lo avrebbe deliziato nel 1984 ma che lo avrebbe sconvolto nel 1994, era esattamente lo stesso paese. Ciò che era cambiato erano le sue aspettative.

Proprio come il male dell’apartheid non poteva sopravvivere in un’Africa che si stava lasciando alle spalle i valori coloniali, l’idealismo dai grandi valori etici dei re filosofi, Nelson Mandela e Thabo Mbeki, era destinato a cedere il passo, prima o poi, al malcostume dei politici di minor valore dell’Anc.

Gli attuali membri dell’Anc sono animati dalla sconfinata presunzione che tutto sia loro dovuto. Credono di essersi sacrificati per il paese, e che quindi ora tocchi a quest’ultimo ricompensarli. Era quasi inevitabile che si arrivasse a questo punto, ma le cosa non finiranno qui.

Nel 2024 l’Anc perderà quasi certamente, e per la prima volta, la maggioranza in parlamento. Probabilmente sopravviverà ancora per un po’, formando varie coalizioni con altri partiti, ma quest’idea che tutto le sia dovuto dovrà finire. E allora forse – ma solo forse – il Sudafrica sarà in grado di passare a un tipo di politica più normale.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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