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Perché i sostenitori di Trump non credono che sia corrotto

Donald Trump tra i suoi sostenitori a Harrisburg, Pennsylvania, aprile 2017. (Alex Wong, Getty Images)

Il mattino del 22 agosto, la principale notizia sul sito di FoxNews non era l’ammissione di Michael Cohen sul fatto che Donald Trump gli avrebbe chiesto di violare le leggi sul finanziamento elettorale, pagando due delle amanti di Trump per non farle parlare. La notizia principale era l’omicidio di una donna bianca nell’Iowa, Mollie Tibbetts, forse uccisa da un migrante latinoamericano senza documenti, Cristhian Rivera.

All’apparenza, le due notizie hanno poco in comune. Fox sta seguendo l’omicidio nell’Iowa perché il fatto distoglie l’attenzione da una rivelazione che mette Trump in cattiva luce. Ma se si scava più a fondo nelle due storie, si scopre un legame tra di esse: rappresentano infatti due concezioni opposte di cosa sia la corruzione.

Le ammissioni di Cohen sottolineano uno dei paradossi più duraturi dell’era Trump. I sostenitori del presidente sostengono di essere preoccupati dalla corruzione. Durante la campagna elettorale, hanno accolto con entusiasmo la sua promessa di “svuotare la palude” di Washington. Quando Morning consult ha chiesto agli statunitensi, nel maggio 2016, di spiegare perché non amavano Hillary Clinton, la seconda risposta più frequente era che la candidata democratica fosse “corrotta”. Eppure i sostenitori di Trump sembrano perlopiù indifferenti alle prove sempre più chiare sul fatto che sia il presidente meno etico nella storia contemporanea degli Stati Uniti. Quando il mese scorso è stato chiesto loro se lo consideravano corrotto, solo il 14 per cento dei repubblicani ha risposto di sì. È probabile che anche le rivelazioni di Cohen cambiaranno poco le cose.

La palude non è facile da svuotare
La risposta potrebbe risiedere nel modo in cui Trump e i suoi sostenitori concepiscono la corruzione. In un libro che uscirà il 4 settembre, How fascism works (Come funziona il fascismo), Jason Stanley, professore di filosofia a Yale, fa un’affermazione interessante:

Per il politico fascista la corruzione riguarda la purezza più che la legge. Ufficialmente la sua denuncia suona come la denuncia della corruzione politica. Ma in realtà evoca la corruzione come usurpazione dell’ordine tradizionale.

La decisione di Fox di concentrarsi sull’omicidio nell’Iowa invece che sull’ammissione di colpevolezza di Cohen è una dimostrazione del ragionamento di Stanley. Temo che agli occhi di molti spettatori di Fox, la rete televisiva sottolinei il tipo di corruzione che per loro conta davvero. Quando Trump ha dato istruzioni a Cohen di pagare le donne con cui aveva avuto una relazione, ha probabilmente violato la legge. Ma stava rispettando le gerarchie tradizionali di genere e di classe. Da tempo immemore gli uomini di potere hanno tradito le loro donne e usato il loro potere per evitare le conseguenze delle loro azioni.

L’omicidio nell’Iowa, al contrario, segnala un’inversione di tendenza – la corruzione - dell’ordine tradizionale. In tutta la storia degli Stati Uniti, poche idee sono state considerate inviolabili come la convinzione che le donne bianche andassero protette dagli uomini non bianchi. Col presunto omicidio di Tibbets, Rivera non ha solo violato la legge. Ha fatto qualcosa di più sovversivo: ha violato le norme tradizionali su sesso e razza negli Stati Uniti.

Una volta capito che per Trump e molti dei suoi sostenitori la corruzione significa violare le gerarchie stabilite più che il diritto, il loro comportamento è maggiormente comprensibile. Dal 2014 Trump ha utilizzato l’espressione “stato di diritto” nove volte nei suoi tweet. In sette si riferiva all’immigrazione illegale.

Perché i sostenitori di Trump erano così convinti che Clinton fosse più corrotta nonostante la stampa avesse fatto emergere prove molto più serie su Trump? Probabilmente perché la candidatura di Clinton minacciava i tradizionali ruoli di genere. Per molti statunitensi l’ambizione femminile, soprattutto se al servizio di un programma femminista, rappresenta di per sé una forma di corruzione. “Quando le donne in politica erano descritte loro come assetate di potere”, hanno scritto due ricercatori di Yale, Victoria Brescoll e Tyler Okimoto, in uno studio del 2010, “i partecipanti provavano sentimenti d’indignazione morale (come disprezzo, rabbia e/o disgusto)”.

L’ammissione di Cohen rende difficile per i repubblicani sostenere che Trump non abbia violato la legge. Ma la cosa non importa poi tanto. Per molti di loro il presidente non lo è, anzi è un nemico dei corrotti, perché quel che temono di più non è la corruzione del diritto negli Stati Uniti, ma la corruzione dell’identità tradizionale del paese. E nella lotta contro questa forma di corruzione – incarnata da Cristhian Rivera – Trump non è il problema. È la soluzione.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su The Atlantic. Leggi la versione originale.
© 2018. Tutti i diritti riservati. Distribuito da Tribune Content Agency.

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