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Notturno parigino

1. Mano Negra, Paris la nuit
Quando nei primi anni novanta a Parigi straripava la patchanka francoarabospagnoleggiante della band di Manu Chao, risposta mediterranea ai Clash, era tutto un mix di rock, reggae, flamenco e raï. Arrivò Ronde de nuit, ballata punk contro le misure repressive dell’allora sindaco Chirac; poi nel 1991 ne uscì una rielaborazione malinconica, da sbronza triste in riva al canale St. Martin. “Paris la nuit c’est fini”, cantava Manu Chao. E verrebbe da ricantare con lui, d’istinto, dopo la notte che ha colpito al cuore il nostro modo di vivere.

2. N****ote Noire 4et, La petite valse de la note noire
Ma no, non finiranno mai le notti di Parigi. Dalle evoluzioni del jazz manouche di Django Reinhardt (o quelle degli accordeonistes come Jo Privat e Tony Murena al Balajo) a questo quartetto trainato dal violino danzón di Ruben Chaviano da Cuba (gli altri tre sono italiani), vive ancora quella fragile alleanza gitana di fisarmoniche e chitarre, per momenti di festa con la malinconia nel cuore. Il loro album Oltreconfine suona quasi come una tregua tra due guerre, anche se forse, alla fine, questo si può dire di quasi tutta la musica.

3. Pugaciov sulla Luna, En état de marche
È un’elegia per chitarra, trombetta e voce sul “bisogno di salvarsi, di sopravvivere, di restituire bellezza e dignità alla vita”: è una cosa breve e bella. Una di tante scoperte tra le tante produzioni alternative che finiscono nella posta per questa playlist. Questa è dalla band di Riccardo Pro, frusinate insediato tra Trento e Bruxelles, che viaggia tra ricerca scientifica, rappresentanza politica e rock sperimentale. Nel nuovo album Freestanding prevale l’inglese ma spicca toccante, questo preludio in un francese dalle aspirate esagerate.

Questa rubrica è stata pubblicata il 20 novembre 2015 a pagina 92 di Internazionale, con il titolo “Notturno parigino”. Compra questo numero| Abbonati

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