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Desiderio elettronico

1. Gesaffelstein Lost in the fire (feat. The Weeknd)
Probabilmente dire “I wanna fuck you slow with the lights on” è un modo un po’ patriarcale di esprimere il desiderio. Ha la stessa sottigliezza del pugile bulgaro che bacia la reporter sulla bocca a forza. Questo passa il convento, in termini di sensualità, nel nuovo album di Gesaffelstein, maestro del suono traslucido elettronico francese che (alla Daft Punk) ama starsene mascherato da una patina di bitume nero. Come i suoni dark che creano tensione con le ospitate alla moda nel suo nuovo album Hyperion.


2. Pulo NDJ, Taroum (de Moundou)
Può darsi che il giovane folgorato da una fanciulla di Moundou, seconda città del Ciad, covi pensieri simili a quelli di un rapper. Ma il suo modo di esprimersi è cortese. A volte si tende l’orecchio verso l’Africa solo per le sue straordinarie musicalità, ma oltre alle poliritmie e agli arpeggi desertici soffia un’anima antica e generosa. Com’è capitato a Nickodemus, boss della newyorchese Wonderwheel records, finito a incontrare musicisti a N’Djamena su invito dell’organizzazione Hape collective: n’è nato Desert to Douala, un gran bel disco.


3. Pacifico, ElectroPo
“I mulinelli, i buchi in superficie, attento attento attento che ti porta via la corrente. Il fiume non ritorna indietro”. Pezzo ammaliante, fluido scorrevole. Sembrerebbe un Battiato all’Aquafan di Riccione, e rinfrescato. È cantautorato inzuppato di elettronica, sequenze e programmazioni con punta di violino. È un flow sull’ineluttabilità del destino, più ludico che tragico, vissuto come desiderio, non temuto come disgrazia. Meglio prenderlo così, come Pacifico nel suo nuovo album Bastasse il cielo. E sperare che il Po non evapori.


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